Alessandro, a Beirut con i bambini  libanesi e siriani 

La storia. Lira, 27 anni, di Borgo, è in Libano con l’Ong italiana Avsi dopo un’esperienza in Senegal. Si occupa di documentare progetti  educativi e agrari. «Aspettiamo il permesso per i campi profughi»


Giorgio Dal Bosco


Trento. Di girare il mondo, di conoscere, abitudini, costume, cultura e vita dei popoli Alessandro Lira ha sempre avuto cuore, passione e volontà ferrea. Tanto ferrea che non l'hanno scoraggiato nemmeno la morte del padre (assessore comunale) quando aveva soltanto quattordici anni e quella della madre (direttrice della biblioteca comunale) quando ne aveva ventuno. Entrambi morti molto giovani. Dunque non era, quel che si dice, “un figlio di papà”. «Quella situazione mi ha dato una spinta e una forte motivazione per continuare e per finire gli studi - racconta - si ottengono risultati e soddisfazioni personali tramite l'impegno e il coraggio di essere più forti di quanto la nostra situazione o condizione ci imponga.”

Nato a Borgo Valsugana nel 1992, Alessandro oggi è a Beirut, in Libano, con l'Ong italiana Avsi in partnership con Unicef per il programma governativo “Corpi civili di pace”.

Non ha avuto esitazioni a fare umili lavori stagionali in baite di montagna e ristoranti sul lago di Garda per finanziarsi, almeno parzialmente, i tanti viaggi in giro per il mondo. Si pensi che ancor prima di compiere ventisette anni ha già visitato più di settanta Paesi. D'altra parte questo valsuganotto ha come faro filosofico di vita l'illuminista Montesquieu per il quale i viaggi (nei primi anni del '700 visitò quasi tutta l'Europa e in particolare l'Italia) aprono la mente facendoci uscire dai pregiudizi e magari luoghi comuni del proprio Paese.

Dopo la laurea triennale in Studi Internazionali a Trento e quella magistrale in Sviluppo e Relazioni internazionali a Bristol in Inghilterra, dopo un master europeo in Project management per la cooperazione allo sviluppo e corsi intensivi di spagnolo e francese, Alessandro ha partecipato con borsa di studio, due anni fa, all'High-Level Political Forum sugli obiettivi di sviluppo sostenibile del Millennio tenutosi a New York all'Onu.

Il suo campo (e passione) è la comunicazione anche come cuscinetto tra gli organismi per cui lavora e gli organi di informazione in generale. Con questo ruolo ha cominciato in Senegal per Plan International (con i suoi oltre 80 anni di attività è una delle più vecchie istituzioni) coordinando tutta l'informazione che interessa quattordici Paesi dell'Africa centrale e occidentale. Ha realizzato report, fotografie e video. Ha preparato grafica, ha organizzato conferenze stampa, ideato design di banner ed altri elementi moderni di pubblicistica per far conoscere il vasto lavoro di questa importante Ong inglese.

A Beirut con Avsi, il suo ruolo è anche qui di comunicatore e lo è in tutti i progetti agrari ed educativi nelle scuole libanesi e nei campi profughi siriani. «Il lavoro è davvero stimolante - spiega con entusiasmo - con Unicef seguo progetti di education in vari learning centre sparsi per il Libano dove ci sono bambini sia libanesi che siriani. Con la Fao, invece, seguo sette scuole agrarie in cui i giovani vengono istruiti su metodi di coltivazione e inseriti nel mondo del lavoro tramite tirocini in aziende private. Ecco, il mio lavoro è quello di documentare tutto per le pagine social, per i partner e i donatori come il governo italiani, inglese, olandese e tedesco. Quindi il mio lavoro si declina anche con la comunicazione esterna».

Non è però tutto semplice perché talvolta i genitori - qui in Libano - non vogliono che i figli siano fotografati. Adesso Alessandro è impaziente di ricevere il permesso per le zone militarizzate e poter quindi entrare nei campi profughi dove la sua passione di fotografo e reporter avrebbe grandi possibilità. «Il permesso dovrebbe – sospira – arrivarci a breve».

E' soddisfatto della sua vita per una semplice ragione: «Ho potuto sempre lavorare per ciò che ho studiato anche se, ammetto, ho difficoltà nel mantenere una relazione lunga a causa dei molti spostamenti e stili di vita». Poi spiega: «Il mio lavoro per forza di cose mi porta spesso in paesi emergenti o in via di sviluppo. Potrei fare lo stesso lavoro anche da una qualsiasi capitale europea ma per ora preferisco stare sul campo, vivere in contesti socio culturali molto diversi dal mio (leggi Montesquieu, ndr). Sono convinto che queste esperienze mi permettano di crescere molto anche dal punto di vista umano». Non ha esitazioni nemmeno nell'immaginare il suo futuro (“Continuare a lavorare nel campo della comunicazione”) ed addirittura è una roccia nel riavvolgere il nastro di questa sua prima fase della vita: «Rifarei ogni singolo passo e scelta».















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