L’Avez del Prinzep non merita questo degrado

Lavarone. Emergenza e post emergenza Vaia è un argomento pregnante e che appassiona se non altro perché dopo l'evento di fine ottobre 2018, in molti siti l'ambiente è mutato, a tratti è...


FABIO MARZARI


Lavarone. Emergenza e post emergenza Vaia è un argomento pregnante e che appassiona se non altro perché dopo l'evento di fine ottobre 2018, in molti siti l'ambiente è mutato, a tratti è irriconoscibile. Una massa di piante che ammonta a 40.000 metri cubi manca al censimento e, tanto per capirci, è pari a circa 4-5 anni di ripresa silvo-pastorale da mettere al taglio, danno economico e soprattutto ambientale. L'uragano che ha colpito l'Alpe Cimbra e tutto il Nord est in genere sarà ricordato per un pezzo anche per la forza che ha sviluppato nel far mobilitare enti ed associazioni assieme a privati, tutti coscienti che l'ambiente in ordine è soprattutto una sicurezza per gli abitanti e ospiti, assieme ad una indubbia ricchezza per il turismo. In definitiva l'unica offerta sicura che l'altopiano possiede. Quindi Comuni, Croce Rossa dell'altopiano, Vigili del Fuoco volontari e società impiantistiche si sono mobilitati come un sol uomo. Bene. Ma vi è una vittima antecedente la "Vaia", del novembre 2017, che è stata colpita ed atterrata da una raffica di vento a 200 km l'ora, e stesa sul letto di caduta che per le piante non è altro che il letto di morte, e si tratta dell'Avez del Prinzep. Il gigante buono di Malga Laghetto è stato vinto da una forza alla quale non ha potuto resistere. Nei suoi 250 anni ne ha viste tante, ma mai un vento simile in età in cui avanzavano i primi acciacchi lo aveva colpito. Secoli in cui è stato visitato da turisti, scolaresche e tecnici, durante i quali ha profuso la sua energia generatrice a piene mani, facendo nascere dei piccoli ciclopi che non avevano ancora raggiunto le sue dimensioni ma erano sulla buona strada. La sua morte è stata una tristezza per tutti, le onoranze furono delle più sentite e partecipate. Tecnici forestali ed amministratori comunali hanno fatto a gara per confezionare le spoglie di quei 52 metri di altezza per 1 metro e 60 di diametro, il più imponente d'Europa, e trarne oggetti ricordo, rotelline da conservare con cura, addirittura assi per strumenti musicale. Era considerato immortale, ma dopo l'elaborazione del lutto, l'oblio lo ha avvolto definitivamente. Ora a sua testimonianza sbuca dal terreno il primo pezzo come un dente cariato in fase di decomposizione, con accanto un mesto primo tronco, lasciati allo sbando e alle intemperie senza alcuna cura. Si dice che esiste un progetto di valorizzazione ad opera dell'architetto Leonardi per dare degno ricordo all'abete tanto decantato in vita quanto dimenticato in morte, ma pare che il costo non sia sopportabile dalle finanze comunali. Benissimo, ma un po’ di pietà non guasterebbe per le spoglie di un re caduto nella battaglia contro il vento. “Segatelo a raso terra, ordinate l'ambito nel quale è nato, mettete una targa ricordo” è il grido che si alza da tutti coloro che lo hanno amato.













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