Truffa ai danni di Arcese Sparito 1 milione in ricambi 

Sei denunciati tra dipendenti dello spedizioniere e manutentori complici Per tutti l’accusa è associazione a delinquere finalizzata a truffa e autoriciclaggio



RIVA DEL GARDA. Carabinieri e Finanza di Riva del Garda, che guidati dalla Procura di Rovereto hanno compiuto le complesse indagini messe in moto dalla dirigenza di Arcese, insospettita dai costi esorbitanti di manutenzione mezzi, hanno chiuso il cerchio. Dopo le perquisizioni e acquisizioni di documentazione dello scorso novembre, sia negli uffici di Arcese Trasporti Spa che presso officine ritenute coinvolte, hanno denunciato sei persone per l’accusa di associazione a delinquere, truffa aggravata e autoriciclaggio. A tutela del futuro risarcimento del danno (per ora accertato in quasi mezzo milione di euro, ma le verifiche proseguono e sembra che complessivamente si sia già ad un ammanco sul milione) la Finanza ha suggerito ed il Gip di Rovereto disposto anche una serie di sequestri che si potrebbero definire di garanzia. Sono beni (un appartamento sul lago, auto e moto anche d’epoca e somme liquide depositate su conti correnti) di proprietà di R.R., quarantenne dipendente di Arcese che secondo la ricostruzione operata dagli inquirenti sarebbe l’ideatore ed organizzatore della truffa. Da una parte si ipotizza che siano stati investiti su quei beni i proventi della truffa, che sarebbe andata avanti da anni, integrando così anche il reato di autoriciclaggio. Dall’altra sono comunque beni riconducibili in modo inopponibile ad R.R., e quindi quando e se saranno dimostrate con una condanna definitiva sia l’esistenza della truffa che la sua responsabilità, gli stessi beni potrebbero essere confiscati e utilizzati per risarcire il danno.

L’operazione è stata chiamata “Tre carte”, alludendo al celebre gioco d’azzardo che basandosi sui movimenti rapidi di tre carte coperte trae in inganno l’incauto scommettitore. E di carte, in effetti, ne sono circolate parecchie.

Secondo la ricostruzione compiuta dagli inquirenti, alcuni dipendenti di alto livello di Arcese approfittando dei propri ruoli avrebbero sistematicamente sottratto al magazzino dello spedizioniere costosi pezzi di ricambio per camion. Quei pezzi sarebbero finiti ad officine di Milano, Verona e Brescia, ovviamente complici, che fatturavano interventi di manutenzione sui camion. Da una parte giustificando così l’uscita dal magazzino dei pezzi in realtà mai montati, e dall’altra lucrando anche il “compenso” per lavori di riparazione mai effettuate. Doppio quindi il vantaggio economico per i truffatori ed il danno per Arcese: i pezzi di ricambio sottratti venivano in realtà venduti e la ditta di Arco pagava inoltre manutenzioni mai effettuate.

Non un solo episodio, ma un vero e proprio “sistema”, avviato nel 2014 e proseguito fino all’avvio delle indagini. Tanto da permettere ad organizzatori del “giochino” e loro complici di accumulare circa mezzo milione di “guadagni”.

Le indagini avevano preso le mosse a fine estate dalla segnalazione dei titolari di Arcese, che hanno portato a perquisizioni e acquisizione di documentazione, alla raccolta di informazioni e riscontri da parte di altri dipendenti di Arcese, sentiti come persone informate dei fatti e la cui collaborazione ha permesso di trovare riscontro ai sospetti. Una serie di intercettazioni telefoniche avrebbe poi permesso di individuare con certezza i responsabili ed i diversi ruoli che dipendenti di Arcese e titolari delle ditte esterne coinvolte avrebbero avuto in quella che viene ora individuata come una vera e propria associazione a delinquere. (l.m.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













Scuola & Ricerca

In primo piano