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Ricordi di una vita dentro la storia 

Pubblicato “Vardà la Varda”, libro dei diari di Giuseppe Borghesi



MECHEL. Più un diario che un libro con flash e ricordi rivisti a 88 anni suonati di una vita intensa di esperienze e di lavoro con la capacità di guardare, sempre, lontano. Tutto questo è “Vardà la Varda, il poggiolo dei miei ricordi” racconto in retrospettiva con filò e le storie vissute da Giuseppe Borghesi, classe 1932 edito per i tipi della Tipografia Ceschi di Cles.

“Vardà” è il nome con cui a Mechel chiamano il colle che sovrasta il paese da cui si domina il panorama (la “varda”) della valle di Non, con il suo largo orizzonte e il territorio costellato di borghi, castelli e campagne che si perdono in lontananza. Un libro (70 pagine ma in formato A4, quindi con spazio) denso di notizie e di immagini in cui l’autore, con il supporto del curatore Attilio Negherbon, trasfonde la sua travolgente passione per il ‘suo’ paese e la storia che si intreccia con quella della valle e delle generazioni che vi hanno vissuto, e vi vivono. «Con questo scritto voglio ricordare, finché memoria tiene, tutto quello che ci si raccontava... I nostri nonni, i nostri padri, tutta una vita fin da quando andavo a scuola finora». Cosi si presenta Borghesi a inizio del suo diario dei ricordi arricchito in apertura dalla presentazione di Negherbon e le prefazioni prestigiose di personalità come il professor Luigi Parrinello, Fabrizio Leonardi, l'avvocato Marcello Graiff, la professoressa Caterina Dominici, lo storico don Fortunato Turrini e Giorgio Debiasi, attuale capo dei Nuvola del Trentino e studioso degli alpini. Il testo, intercalato da una ricca documentazione fotografica con puntuali didascalie, segue passo passo la vita dell'autore fin dal 1935, l’anno delle grandi manovre militari in valle di Non con il ricordo dei soldati che lo accarezzavano (aveva 3 anni) forse perché in lui vedevano i loro figli lasciati a casa. Ecco in questo quadro di familiarità nel duro contesto di una guerra che si stava avventando sul mondo si riassume la personalità del Borghesi: realtà e intimità, capacità di guardare le cose e vivere gli eventi sempre con umanità, l'attaccamento alle proprie radici ed alle convinzioni di una fede ereditata dai padri ma sentita dentro, profonda e convinta. Impossibile condensare in poche righe la ricchezza di questo diario scritto con immediatezza e semplicità e senza aggettivi. A 20 anni, l'esperienza in Africa seguendo uno zio che, arrivato là come soldato italiano in Etiopia, poi si era sistemato in Uganda a fare il muratore. Giuseppe in poco tempo aveva imparato la lingua locale il kiswahilli, tanto che l'impresario oltre che come operaio lo usava come interprete. Poi l'esperienza in Svizzera sempre nell'edilizia e a 43 anni (era il 1975) la dura realtà di trovarsi disoccupato con la moglie all'ospedale in attesa di un altro figlio. La soluzione l’ha trovata nella latteria dei Corradini a Cles, dove è rimasto dipendente per 15 anni, fino alla pensione. Il libro, a parte le vicende personali, è un campionario di figure e di ritratti di Mechel dove i ricordi e gli anni scorrono con un ritmo incalzante invogliando il lettore a proseguire. Perché in tutto questo c'è un filo che tutto lega e avvolge in un quadro d’insieme.

«Si legge con gusto e ci si lascia immergere nel clima del passato con leggerezza e con soddisfazione. In complesso è un’antologia di cui si sentiva la mancanza». Cosi lo storico don Fortunato Turrini sintetizza al meglio il libro di Giuseppe Borghesi, una storia di storie. (g.e.)















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