«Aberrante l’idea di abbattere il Quisisana» 

No del comitato “Centro Anch’io” alla demolizione dell’ex sanatorio: «Referendum, solo populismo»



ARCO. È un no irremovibile, quello che il comitato “Centro Anch’io” di Arco, nato nel 2015 per dare la possibilità agli arcensi di dire la loro soprattutto sulle questioni viabilistiche per poi allargare il raggio anche ad altri temi, esprime nei confronti dell’ipotesi di abbattimento dell’ex Quisisana, l’abbandonato edificio sanatoriale oggi ridotto a un cumulo malfermo di calcinacci e tegole traballanti. Sui destini dell’ex Quisisana si è acceso, in questi giorni, un dibattito innescato dalla proposta del sindaco Betta di dare la parola ai cittadini con un referendum per decidere che fine far fare al complesso che si affaccia sul cantiere, inoperoso da anni, del nuovo teatro auditorium.

In molti hanno preso posizione, da Gilberto Galvagni all’ex sindaco Eugenio Mantovani, dando il via a un coro quasi unanime contro l’idea di abbattimento per realizzare un imprecisato “vuoto” con il rischio di riempirlo, poi, con un nuovo edificio magari residenziale. Il comitato “Centro Anch’io” si unisce al fronte del no e bolla l’idea dell’abbattimento come «aberrante, figlia di una mancanza di sensibilità storica e di cultura architettonica». Ma un no secco viene rivolto anche alla proposta di referendum: «Sterile trovata populista, di quel populismo che di questi tempi va tanto di moda, ma che sta già mostrando evidenti crepe», commentano quelli del comitato in un lungo documento reso pubblico in queste ore e in cui ripercorrono la storia di questo edificio a partire dalla costruzione, sul finire del 1800, con il nome di Pensione Quisisana e a cui si aggiunge, nel 1900, la costruzione dell’attigua Villa Becker, che nel 1931 i Tappainer decidono di trasformare in sanatorio con tanto di soprelevazione di un piano, gli ampi balconi per la cura degli ammalati, e la grande sala da pranzo al piano terra. È in questo momento che si procede alla congiunzione fra la Pensione e la Villa dando vita al complesso unitario del Sanatorio Quisisana, che all’epoca disponeva di 95 posti letto. Nel 1938 l’Istituto della Previdenza Sociale Fascista acquista il sanatorio che alla fine della seconda guerra mondiale passa di proprietà all’Inps e nel 1983 alla Provincia di Trento. Il resto è storia di questi giorni, con l’edificio ridotto in condizioni di fatiscenza e davanti il cantiere del teatro auditorium sull’area fra l’ex Quisisana e Villa Elena, cantiere che avrebbe dovuto essere già terminato ma che da anni è deserto per le vicende (ora anche vertenze) legate all’affidamento dei lavori alla ditta Azzolini, poi fallita. Oggi si attende che la ditta Andreola faccia ripartire il cantiere al più presto ma al momento non si hanno certezze.

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