Il Basaglia d’Africa si chiama Grègoire 

A Rovereto l’«africano dell’anno». Grande ospite oggi all’Arcadia Ha trattato 60mila malati psichici e mille ne ha liberati dalle catene


Katja Casagranda


Rovereto. Arriva dal Benin con una storia fatta di aiuto verso il prossimo e sfida alle tradizioni, quando queste si basano su superstizione e fanatismo. Grègoire Ahongbonon, insignito del titolo “africano dell’anno” nel 2018, racconta questa sua vita dedicata all’aiuto del prossimo in un libro autobiografico che sarà presento quest’oggi a Rovereto. L’appuntamento con Ahogbono è alle ore 19 in Libreria Arcadia che presta il suo “salotto letterario” all’incontro con il pubblico e Grégoire Ahongbonon in dialogo con Monica Dori sulla falsariga del libro “Grègoire. Quando la fede spezza le catene” firmato dal giornalista Rodolfo Casadei in cui è racchiuso l’impegno di Ahongbonon verso gli ultimi con la creazione di vero e proprio rifugio per malati con problemi psichici che n 25 anni di attività sono saliti ad un totale di oltre 60.000 soggetti. Un migliaio di questi è stato liberato da vere e proprie catene che vengono usate in vari contesti africani per trattare i malati psichici. Attualmente sono 8 i Centri di cura, 28 quelli di consultazione medica e 13 quelli di reinserimento fondati e dislocato in 4 paesi dell’Africa da lui, con 25 mila malati ospitati. Grégoire Ahongbonon nasce nel 1953 a Ketoukpe, un piccolo villaggio del Benin al confine con la Nigeria e si trasferisce nel 1971 a Bouaké in Costa d’Avorio per lavorare come riparatore di pneumatici. Successivamente apre un’agenzia di taxi che in poco tempo lo fa diventare ricco, ma in poco tempo si ritrova sul lastrico. A causa del fallimento vive un periodo di profonda depressione verso la fine degli anni Settanta. In questo periodo Grégoire si riavvicina alla Chiesa cattolica, da cui si era allontanato durante il periodo di prosperità economica. Nel 1982 partecipa a un pellegrinaggio a Gerusalemme nel corso del quale una frase pronunciata dal sacerdote durante l’omelia lo toccherà profondamente e cambierà il suo destino: “Ogni cristiano costruisce la Chiesa portando la sua pietra“. Rientrato a Bouaké, dopo anni di assoluta indifferenza, guarda una persona che vaga nuda per strada alla ricerca di cibo nella spazzatura. Contrariamente ai dettami della cultura locale, Grégoire si avvicina a quella persona che sa essere un malato mentale in quanto la nudità ne è un segno distintivo e decide di intervenire. Con l’aiuto della moglie inizia a vagare per le strade di Bouaké alla ricerca dei malati mentali e offre loro cibo e abiti per coprirsi. Gradualmente scopre le condizioni disumane in cui vivono le persone affette da disturbo psichico in Costa d’Avorio e ben presto si rende conto che l’incatenamento e l’abbandono sono pratiche diffuse e accettate dalle comunità locali e che i malati mentali sono considerati “gli ultimi fra gli ultimi”. Insieme con la sua famiglia di dedicare la sua vita alle persone affette da malattia mentale e agli emarginati dalla società A Bouaké avvia un gruppo di preghiera che ben presto si trasformerà in un gruppo di carità per i malati bisognosi di cure l’Associazione Saint Camille de Lellis di Bouaké, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti sia in Europa che gli tati Uniti.













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