Vincere a 42 anni? I trentini non dubitano di Horner

Chris sfugge all’antidoping. Per la squadra hanno sbagliato albergo, Donati attacca


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Il ciclismo è uno sport sbello e maledetto. Chi lo pratica lo sa, che se vince la Vuelta di Spagna a quasi 42 anni, come Chris Horner, qualche dubbio lo solleverà, dopo gli spettacoli offerti da tanti, troppi suoi colleghi negli ultimi decenni. Se poi il giorno dopo il trionfo l’agenzia antidoping spagnola Aea – peraltro non proprio la più severa del mondo, secondo la vulgata del mondo delle due ruote... – si presenta all’albergo dell’americano per un controllo e non lo trova, apriti cielo. Detto che per la mancata reperibilità i ciclisti rischiano fino a due anni di squalifica, che il regolamento dell’antidoping permette comunque loro di non presentarsi ad un massimo di due test in 18 mesi e che la tempesta sembra essere scoppiata in un bicchier d’acqua, perché Radioshack ha subito replicato che l’Aea ha sbagliato albergo, perché Horner aveva trascorso la notte in un altro hotel assieme alla moglie e lo aveva regolarmente segnalato alle autorità sportive, restano – e belli i grossi – i dubbi sulla credibilità di una prestazione come quella offerta dal un ciclista che, almeno fino a ieri, non aveva proprio primeggiato nelle grandi corse a tappa (9° al Tour del 2010, 13° a quello del 2012 i suoi migliori piazzamenti), ma lo ha fatto appunto a 41 anni e mezzo, quando buona parte dei suoi colleghi ha già appeso la bicicletta al chiodo.

Ne ha parecchi, di dubbi, il professor Sandro Donati, ex tecnico dell’atletica azzurra, oggi consulente della World Antidoping Agency (Wada). «C'è una corrente di addetti ai lavori in campo sportivo che cerca di accreditare la tesi della possibilità di prolungare il periodo di efficienza fisica e di capacità di risultati grazie a nuove tecniche di allenamento – ha detto a Panorama – ma la verità è che non c'è stata alcuna evoluzione. Anzi, le metodologie di allenamento si sono paradossalmente involute proprio perché messe in secondo piano dal doping. Il livello nel sangue del testosterone, l'ormone maschile per eccellenza e quello che condiziona in maniera determinante le performance in termini di forza e potenza muscolare, tende inesorabilmente a scendere dopo i 30 anni. In alcuni soggetti scende lentamente, in altri più velocemente, ma in ogni caso è certo che a 42 anni non si possono avere i livelli di testosterone che si avevano da giovane. Mi spingo anche più in là. Ammettiamo pure che Horner sia un fenomeno assoluto, un atleta dai livelli di testosterone rimasti inalterati nei decenni: perché allora a 25-30 anni non vinceva le grandi corse a tappe e nemmeno le classiche? Il quadro è davvero così semplice che non si può non aprire gli occhi per comprenderlo a dovere».

«Sicuramente c'è un po’ di superficialità nel gridare allo scandalo – dice invece il ct azzuro Paolo Bettini – Le regole andrebbero riscritte, sarebbe bello se ce ne fossero poche ma chiare».

Maurizio Fondriest comprende che certi dubbi possano sorgere ma, dall’alto della sua esperienza, ci va con i piedi di piombo. «Per esprimere un giudizio di questo genere – dice l’anaune, campione del mondo di Renaix 1988 – bisognerebbe avere dati precisi sulle prestazioni offerte da Horner, altrimenti si rischia di essere tendenziosi. Lui è sempre stato un bel corridore, ma non aveva mai vinto una grande corsa a tappe. Il fatto che ci sia riuscito a quasi 42 anni qualche dubbio in effetti lo potrebbe sollevare, ma tenete conto che i controlli sono sempre più stretti, non l’ha fatta franca nemmeno Armstrong. Anzi, di fronte a queste obiezioni, Horner potrebbe addirittura rispondere che anni fa lui non emergeva perché succedeva quello che poi tutti hanno scoperto». Ma potenza muscolare e doti di recupero, a quell’età, possono essere quelle di un Nibali, che è giunto secondo? «Per fare questo genere di ragionamento servono sempre i dati – aggiunge Fondriest – Se qualcuno dimostrasse che la Vam (velocità ascensionale media, ndr) di Horner è cresciuta di 300 metri rispetto a dieci anni fa, quei dubbi sarebbero legittimi, ma in assenza di dati certi si rischia la diffamazione».

«Ha resistito a quegli attacchi di Nibali a 42 anni, è normale che tutti si domandino se è farina del suo sacco – dice Francesco Moser – Io posso dire che è un ciclista che ha cominciato tardi e non ha mai avuto le pressioni che abbiamo avuto io o Hinault, che a 37 anni avevamo già la nausea di andare in bicicletta. Certo, a quell’età solitamente manca il recupero, evidentemente avrà corso meno di tanti suoi coetanei».

«Pensa che è un mio coscritto – dice ridendo Gilberto Simoni, che sposa la tesi dello Sceriffo Moser – L’ho visto molto magro, gli anglosassoni riescono a rinunciare al cibo più facilmente di noi italiani. Ha corso bene, con serenità, quella che è mancata a Nibali». Insomma, nessun dubbio? «I dubbi ci saranno sempre, per quelli di 42 anni e per quelli di 20... Horner però ha sempre avuto doti di recupero. Questa era una Vuelta molto dura e mancava un vero scalatore, perché Valverde non lo è e nemmeno a Nibali piace tanto attaccare. Quando l’ho corsa io, Jimenez vinceva cinque arrivi in salita su sette, quello è uno scalatore. Io ho smesso già da tre anni, ma è un dato che in sé non significa nulla – prosegue il cembrano due volte vincitore del Giro d’Italia – Bisogna vedere quando ha cominciato. Quando ho smesso io avevo nelle gambe 25 anni di ciclismo e 700 - 800 mila chilometri. Horner ha quasi sempre fatto il gregario, responsabilità non ne ha mai avute. E comunque è sempre stato un ciclista di valore, non è saltato fuori dal cilindro magico».

Insomma, i “nostri” non hanno dubbi. E voi?

@mauridigiangiac

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