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Valanghe in Nepal, sherpa ferito denuncia: soccorsi attesi oltre 24 ore

Tra le vittime risultano anche cinque alpinisti italiani, gli interventi rallentati dalle restrizioni sui sorvoli in montagna, che richiedono una serie di autorizzazioni ministeriali. Un pilota di elicottero: «Questa catena di permessi causa ritardi critici». Una guida: «La slavina sullo Yalung Ri intorno alle 9 del mattino, il soccorso è stato autorizzato quasi otto ore dopo»

TRAGEDIA Nepal, travolto dalla valanga anche l'altoatesino Markus Kirchler
IL PUNTO Himalaya, cinque alpinisti italiani fra le nove vittime

TESTIMONE «La tenda di Stefano e Alessandro era sepolta dalla neve»



Uno sherpa ferito in uno degli incidenti di montagna in Nepal ha dichiarato di aver atteso oltre 24 ore per l'evacuazione verso l'ospedale.

Lo riporta l'Himalayan Times, secondo cui i ritardi nei soccorsi sulla vetta dello Yalung Ri hanno suscitato critiche che si sono concentrate sul sistema di risposta alle emergenze del Paese, con sopravvissuti e funzionari che attribuiscono la responsabilità a un sistema macchinoso per il rilascio dei permessi per l'accesso all'area, dove i voli in elicottero richiedono molteplici autorizzazioni governative.

"Molti dei nostri amici piangevano da ore, implorando un soccorso immediato", ha raccontato lo sherpa, Nima Gyalzen.

Nella tragedia di lunedì mattina al campo base dello Yalung Ri sono coinvolti tre alpinisti italiani: l'altoatesino Markus Kirchler,  29 anni, e gli abruzzesi Paolo Cocco e Marco Di Marcello, di quest'ultimo però risulta oggi pomeriggio, 4 novembre, ancora in movimento la traccia gps.

In un altro episodio, nel Nepal occidentale, hanno perso la vita sotto la neve i due alpinisti italiani Alessandro Caputo di Milano e Stefano Farronato di Bassano del Grappa, mentre tentavano di scalare il monte Panbari, alto 6.887 metri.

Un pilota che si occupa proprio di soccorsi avrebbe confermato all'Himalayan Times che i voli nella zona necessitano dell'approvazione dei ministeri del turismo, degli interni e della difesa, insieme a quella dell'Autorità per l'aviazione civile. "Questa catena di permessi causa ritardi critici", ha affermato il pilota.

"La valanga ha colpito intorno alle 9 del mattino, ma il soccorso è stato autorizzato quasi otto ore dopo", ha sottolineato Pasang Kidar, guida dell'International federation of mountain guides associations e vicepresidente del Rolwaling Everest summiteers club.

Anche i funzionari locali hanno espresso frustrazione, affermando che, nonostante le ripetute richieste, "le regole delle zone soggette a restrizioni hanno gravemente ostacolato una risposta tempestiva".

Alla luce dell'incidente, le associazioni alpinistiche hanno chiesto riforme immediate. Il presidente della Nepal mountaineering association, Phur Gyalje, ha sottolineato che "procedure di soccorso rapide sono essenziali durante le emergenze in montagna" e ha aggiunto che l'associazione "si coordinerà con le autorità per garantire che tali ritardi burocratici non si ripetano".

C'è un evento meteorologico estremo alla base di entrambi gli incidenti che si sono verificati nei giorni scorsi in Nepal, spiega Franco Salerno dell'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano, che da oltre 20 anni si occupa di Nepal e cambiamenti climatici in alta quota: «Il fenomeno di base è lo stesso, si è trattato di un evento di precipitazioni estreme. In questo periodo le nevicate non sono comuni, perché ci troviamo dopo quello dei monsoni, nel quale si concentrano le precipitazioni. Dieci anni fa mi sono trovato in una situazione analoga che mi ha tenuto confinato nel laboratorio Piramide per circa un mese».

Salerno è infatti anche responsabile del laboratorio italiano costruito grazie all'associazione Ev-K2-Cnr, della quale è membro, che si trova a oltre 5mila metri di quota ai piedi del versante nepalese dell'Everest, e che deve il suo nome alla forma della struttura, studiata appositamente per offrire stabilità e resistenza.

La prevedibilità degli eventi estremi è molto scarsa, come ricorda anche il ricercatore dell'Cnr-Isp, e gli alpinisti coinvolti sono stati dunque probabilmente sorpresi da condizioni meteo inaspettate. È ormai noto, tuttavia, che la regione interessata, quella del Nepal centrale, sta subendo in maniera estremamente pesante gli effetti della crisi climatica globale.

«La regione è caratterizzata dagli impatti più intensi del cambiamento climatico di tutta l'Asia. Negli ultimi 60 anni, i ghiacciai sono retrocessi di 400 metri e la quota della neve - aggiunge - ha visto un innalzamento di circa 200 metri», conclude Salerno.













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