Un microchip contro i terremoti

L'ateneo sta sviluppando un nuovo sensore per il cemento armato


Jacopo Tomasi


TRENTO. La scienza ci dice che non è ancora possibile prevedere i terremoti. Ma presto con l'aiuto della tecnologia si potrebbero almeno minimizzarne gli effetti e gestirne con rapidità ed efficienza le conseguenze sugli edifici. Insomma, la scienza potrebbe limitare, e anche di molto, le devastanti conseguenze dei terremoti. È quanto emerge da un nuovo progetto di ricerca condotto dai ricercatori del Laboratorio Prove Materiali e Strutture dell'Università di Trento, uno dei maggiori laboratori sismici attivi in Europa.

Il gruppo di ricerca ha lavorato allo sviluppo di sensori wireless miniaturizzati specifici per costruzioni in cemento armato e alla messa a punto di un sistema per il supporto alle decisioni che sa rilevare e utilizzare in tempo reale le informazioni raccolte dai sensori sullo stato di agibilità di un edificio in seguito ad un terremoto, aiutando così a prendere decisioni a volte cruciali. Il lavoro svolto dai ricercatori dell'Università di Trento rientra nell'ambito di un importante progetto finanziato dall'Unione Europea e coordinato dall'Institute of Communication and Computer Systems di Atene, che coinvolge 11 partner di 7 Paesi diversi, comprendente università centri di ricerca, industrie e studi di consulenza internazionali.

Il progetto, denominato Memscon, è partito nel 2008 con un budget totale di 4,6 milioni e si basa sulla possibilità di produrre sensori wireless a bassissimo costo che sfruttano le tecnologie Rfid (Radio Frequency Identification Tag) e Mems (Micro Electro Mechanical Systems). Questi sensori di ultima generazione possono essere facilmente distribuiti o incorporati nelle strutture di un edificio (travi, pilastri, solai) e permettono di acquisire in tempo reale informazioni accurate e quantitative sullo stato fisico della struttura (deformazioni, spostamenti, accelerazioni, temperature). Informazioni utili anche nell'ordinaria manutenzione degli edifici, quando si tratta di valutare o programmare interventi di ristrutturazione, minimizzando i costi di gestione.

La prima applicazione di Memscon riguarda la protezione sismica degli edifici. Non soltanto la sicurezza dei cittadini ma anche la salvaguardia del patrimonio edilizio. Progressi dell'ingegneria civile consentono oggi di costruire edifici che, pur danneggiandosi, resistono ai terremoti e salvano la vita degli occupanti. Tuttavia rimane il problema di gestire in maniera razionale l'emergenza dopo il terremoto. «Un esempio recente riguarda il terremoto dell'Aquila», spiega Daniele Zonta, responsabile del progetto per l'Università di Trento». «Dopo l'evacuazione gli oltre quattromila ingegneri volontari giunti da tutta Italia hanno impiegato quasi due mesi a ispezionare gli edifici per valutarne l'agibilità. Queste verifiche necessarie hanno costretto la popolazione a una permanenza prolungata in alloggi alternativi e hanno interrotto molte attività produttive con gravi conseguenze sull'economia della regione».

«Gli edifici del futuro - precisa Zonta - saranno invece in grado di riconoscere lo stato di danno, immediatamente dopo il terremoto. Il sistema comunicherà immediatamente agli occupanti lo stato di agibilità. Verde, se l'edificio è agibile; rosso se va evacuato; giallo se l'edificio richiede una verifica più approfondita. Lo stesso sistema sarà in grado di localizzare i danni e fornire in tempo reale una stima degli interventi di ripristino da eseguire e dei relativi costi».

E sui tempi di realizzazione? «Non stiamo parlando di un futuro remoto. Una fra più le più importanti imprese di costruzioni greche, Acropole Charagionis Sa, ha già utilizzato la tecnologia Memscon nella costruzione di un edificio ad Atene, la capitale a più alto rischio sismico in Europa. Si tratta di una struttura residenziale a tre piani con una superficie complessiva di 5mila metri quadrati, la cui costruzione è iniziata nell'aprile 2010».













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