L’INFANTICIDIO DI TRENTO

Sentirà quel vagito per tutta la vita


Antonio Scaglia


Le agenzie battono notizie che appartengono a cieli opposti: speranza e disperazione. Robert Edwards, 85 anni è Premio Nobel per la medicina a 85 anni per la fecondazione in vitro. In Kenya, presso il lago Vittoria, Akuku Danger muore a 92 anni: ha generato 210 figli. A Trento, F. G. di 41 anni è accusata di aver soffocato in bagno il bimbo appena partorito; poi, è tornata a tavola negando i vagiti del bimbo soppresso. Il corpicino, non ritrovato, rimane avvolto nel velo di tristezza e disperata solitudine.
Le agenzie battono notizie che avviano onde concentriche e avvolgono tutto. La Procura della Repubblica, la polizia, i giudici, gli psicologi, i servizi sociali avviano le loro procedure. Giornali, televisioni, radio, la rete delle chiacchiere della gente mobilitano l'opinione pubblica. F. G. era convinta di seppellire quel vagito dentro se stessa, di attutirlo negli anni. Quanti anni di solitudine sono necessari perché il vagito si dissolva? Il pubblico ministero, la polizia, il giudice possono solo assolvere o condannare, seguendo rigidamente il sentiero segnato dalla legge dello stato.
La persona vera, dentro di sé, sa bene quanta costrizione, quanta paura delle chiacchiere, dei giudizi impietosi e quanta sofferenza accompagnò F. G. sino a quel ritirarsi in bagno e come avrebbe segnato il suo cammino e quello di suo figlio se lo avesse fatto vivere. Quel terribile momento fu solo il terminale di un percorso di sofferenze inaccettabili che condussero F. G. a un momento di disperazione. Tornare a tavola e sedersi come nulla fosse accaduto, è la dimostrazione di come lei considerasse estraneo e sordo il mondo che la circondava, tanto da non ipotizzare nemmeno l'aborto: riteneva che non sarebbe stato accettato.
Eliminare la vita cui aveva dato alimento e protezione, interrompere il vagito che apre al mondo non ha giustificazione razionale e suscita in tutti, lo suscitò anche in F. G., un tragico senso di condanna. La condanna che noi avremmo pronunciato gli dovette sembrare altrettanto inappellabile e tanto insopportabile da portarla a far tacere la vita che lei stessa aveva coltivato.
La paura di essere noi causa di una simile tragedia ci spinge a richiedere per F. G. una condanna severa, inespiabile. Il gesto è talmente tragico da farci sperare che non sia vero, che si tratti di un'errata ricostruzione dei fatti. Comunque sia, la tragedia di F. G. non è e non è solo la sua tragedia.













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