Quote rosa, oggi ci sarà il sì ma c’è il rebus referendum 

Melina al femminile ieri per la mancanza di numeri certi in Consiglio provinciale Con 23 voti la norma dovrebbe essere confermata dai trentini quest’estate 


di Gianpaolo Tessari


TRENTO. Bluffare non si può più. Oggi la norma sulla doppia presenza di genere, in maniera spiccia definita “quote rosa”, sarà votata dall’aula: a carte scoperte e con numeri comunque degni di un film giallo. Ieri con qualche defezione e maggioranza quindi non matematicamente presente in aula (con il governatore Ugo Rossi e l’assessore Michele Dallapiccola in missione nella capitale e con la consigliera Chiara Avanzo assente al mattino e convocata d’urgenza nella sessione pomeridiana), sono state curiosamente le consigliere donne ad inscenare un sorta di melina, in stile calcistico, per fare slittare a questa mattina una probabilissima approvazione. Anche se i numeri consentono diverse soluzioni.

Vediamo: il consiglio provinciale dovrà esprimersi sulla proposta di Manuela Bottamedi e Lucia Maestri che introduce una presenza femminile del 50 per cento nelle liste elettorali: servono 24 voti (maggioranza qualificata) per avere un sì con un ipotetico referendum confermativo di iniziativa popolare mentre con 23, uno in meno, lo stesso referendum (a quel punto pressochè certo) può essere chiesto da soli sette consiglieri.

Per capirci: un possibile referendum confermativo è previsto dallo Statuto di Autonomia in tema di riforma elettorale. Che lo chieda la gente della strada, raccogliendo 20 mila firme, pare improbabile e questo accade in presenza di un’ approvazione piena, ovvero con 24 sì. Con uno in meno il referendum è evento molto probabile.

Ma il bello della faccenda è che, salvo sorprese, la norma oggi potrebbe proprio passare con i 22 voti del centrosinistra, più il voto della proponente, la consigliera Bottamedi. Insomma 23 in tutto, tenendo per buono il fatto che nessuno del centrodestra voti con la maggioranza.

Un voto che balla potrebbe essere quello di Giacomo Bezzi, Forza Italia che, tuttavia, non ha nascosto il fatto di volersi chiamare fuori da questa eventualità, preferendo semmai spiegare la sua posizione sul tema in una campagna referendaria che, a quel punto, diventerebbe a tutti gli effetti un antipasto di campagna per le provinciali.

A quel punto con 23 voti (e con un referendum confermativo richiesto da soli sette consiglieri) rimane il dubbio se lo stesso si possa svolgere prima o dopo il voto di ottobre. Un particolare non di lana caprina, visto che se il referendum non si tenesse prima del voto finirebbe per rimandare le quote rosa al 2023, tramutandosi in una beffa.

Ma gli uffici legali del presidente del Consiglio Bruno Dorigatti, da questo punto di vista, sarebbero tranquillizzanti: i trentini potrebbero essere chiamati a votare sulle quote rosa a fine giugno, o ai primi di luglio, in pieno periodo balneare quindi.

Ma stiamo correndo troppo: oggi serve che la norma venga approvata, con 23 o 24 voti. Numeri più alti sarebbero una sorpresa, più bassi fotograferebbero un centrosinistra sull’orlo di una crisi di nervi.

Anche perché, bei discorsi di facciata a parte, lista composte per metà da donne, andrebbero a scompaginare disegni elettorali già in atto da parte di chi si è già organizzato con colleghi per “tirarsi” la volata alle provinciali reciprocamente in valli e in città.













Scuola & Ricerca

In primo piano