Sanità

Punti nascita nelle valli, la Provincia non ci crede

La relazione per il nuovo ospedale: «Difficoltà nel trovare medici e personale qualificato, i parti saranno sempre più concentrati a Trento e Rovereto»


di Andrea Selva


TRENTO. I punti nascita periferici? Non ci crede più nemmeno la giunta provinciale. I sindaci e i cittadini delle valli se ne faranno una ragione, ma la stessa Provincia che ha chiesto una deroga a Roma per i punti nascita ora ha messo nero su bianco il proprio pensiero sul tema: «Mancano medici per assicurare il servizio 24 su 24, aumentano le difficoltà nel trovare personale qualificato per gli ospedali periferici, nel futuro è pertanto ipotizzabile che i parti saranno concentrati sempre più nelle sedi di Trento e Rovereto». Questo almeno è quello che si legge nei documenti che la giunta provinciale ha allegato al bando di progettazione del nuovo ospedale del Trentino.

Il messaggio non potrebbe essere più chiaro, peccato che nel frattempo l’azienda sanitaria sia sempre impegnata nella (disperata) ricerca di personale medico, soprattutto gli introvabili pediatri, per assicurare il funzionamento a tempo pieno dei punti nascita di Cles e Cavalese. Tutto questo mentre la giunta provinciale dimostra di non credere più in questa missione.

Lasciamo parlare i numeri: se davvero i parti di Cles e soprattutto di Cavalese dovessero diminuire (con la concentrazione delle nascite a Trento e Rovereto) sarebbe sempre più difficile sostenere l’esistenza di punti nascita cronicamente sotto la soglia di sicurezza dei 500 parti all’anno, indicata dal ministero per gli ospedali di montagna. Sarebbe difficile sostenerlo a Roma, ma anche di fronte alle madri trentine che - come tutte le altre madri - hanno il diritto di poter contare su personale esperto per mettere al mondo i loro figli.

Mettevi nei panni del direttore generale dell’azienda sanitaria, Paolo Bordon, che si prepara a un nuovo, ennesimo, concorso per l’assunzione di pediatri destinati agli ospedali di valle e che si ritrova con la giunta provinciale che - in vista della progettazione del nuovo ospedale - dichiara che saranno sempre più i parti nelle sedi di Trento e Rovereto: quale sarà il pediatra pronto a raccogliere l’appello dell’azienda sanitaria e fare la valigia per andare in montagna?

In realtà la Provincia spera di ottenere dai medici la disponibilità a trasferirsi da un ospedale all’altro del Trentino fino a 60 turni all’anno. Solo in questo modo sarebbe possibile garantire il funzionamento 24 ore su 24 (come deve essere) dei punti di nascita, che richiedono la presenza di un ginecologo, di un anestesista e di un pediatra o neonatologo. Ma la disponibilità al trasferimento dei medici è tutta da vedere ed è comunque legata al nuovo contratto di lavoro, su cui deve ancora partire la contrattazione. Nel frattempo la giunta provinciale indica la soluzione per “mitigare i rischi” delle madri che affrontano una gravidanza nei luoghi più periferici e difficili da raggiungere: «L’utilizzo sempre più esteso dell’eliambulanza».

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