Punti nascita, muro contro muro Borgonovo Re: a Tione va chiuso

In Consiglio davanti a un Rossi glaciale l’assessora risponde a un’interrogazione ribadendo la sua linea Quest’anno i parti scenderanno ancora: da 178 a 140. E nella maggioranza si ipotizza il ritiro deleghe



TRENTO. Stano a più di un consigliere della maggioranza, dopo quanto avvenuto ieri mattina Rossi dovrebbe ritirare la delega sulla sanità affidata all’assessora Borgonovo Re. Lui ci ride sopra e liquida la faccenda così: «Sarà il caldo dell’aula». Una frase scherzosa rivolta agli insofferenti alleati ma, a ben vedere, forse diretta alla stessa collega di giunta. E in questo caso il tono è ovviamente meno ilare. In scena, nell’aula del Consiglio provinciale, è andata infatti una plastica rappresentazione della distanza che separa i due sul delicato problema dei punti nascita periferici, nella fattispecie quello di Tione. Gli antefatti sono noti: l’assessora che, forte dei numeri drasticamente al sotto degli standard ministeriali (per non parlare di quelli internazionali), ne annuncia la prossima soppressione e il governatore che prima la frena, poi di fatto la smentisce, rimandando ogni decisione auna scelta politica collegiale dell’intera giunta. Ora la nuova puntata, con un Rossi glaciale nell’ascoltare (fingendo di non farlo) la risposta dell’assessora all’interrogazione del leghista Maurizio Fugatti, che nel question time riproponeva le fatidiche domande: il reparto maternità di Tione subirà un ridimensionamento o chiuderà, quando avverrà, se il reparto maternità del S. Chiara sia davvero al collasso a causa del numero insufficiente di posti letto e di personale, infine dove verrà impiegato il personale che attualmente opera presso Tione. E poi, affondando il dito nella piaga: «Vorrei sapere se a rispondermi sarà l’assessora e il presidente, visto che i due hanno idee diverse».

Così Borgonovo Re, testuale: «La decisione di chiudere il punto nascita all’ospedale di Tione si basa su una scelta non di carattere economico, ma di appropriatezza e qualità del servizio per la madre partoriente e del nascituro. E le valutazioni saranno effettuate da società specializzate». Decisione che, ma la chiosa arriva solo in extremis davanti a un’aula che ascolta con il fiato sospeso, «dovrà essere adottata dalla giunta nella sua collegialità». Altro che passo indietro, insomma: l’assessora tiene il punto in pieno. Non solo: aggiunge che il numero di parti stimato a Tione nel 2014 è di 140, rispetto ai 178 del 2013. Un altro drastico calo quindi rispetto alla soglia dei 500 (quest’anno i parti sono stati fin’ora 78). E poi, come un rullo compressore: «Un’analisi tecnica ha dimostrato che questi parti verranno distribuiti tra i punti di nascita soprattutto di Arco, e poi in numero inferiore, di Rovereto e Trento. Tutti sono comunque in grado di assorbire la maggiore attività, perché 140 parti corrispondono a poco più di un posto letto ospedaliero aggiuntivo». Ancora quella cifra, 140, finora mai resa nota: una cifra che l’assessora rilancia non a caso. E poi, se ancora non fosse chiaro: «Le partorienti delle Giudicarie sono circa 300 su base annua e si distribuiscono in tutti gli ospedali territoriali: Cles, Rovereto, Trento e Arco. Con questa soluzione si vuole assicurare un accompagnamento lungo tutto il periodo della gravidanza e non solo il ricovero di tre giorni legato al parto. Si tratta poi di garantire la presenza dell’ostetrica dedicata al momento del parto realizzato in una struttura differente».

Colleghi di giunta raccontano di un Rossi furibondo al termine del botta e risposta tra Borgonovo Re e Fugatti. Che infatti ne approfitta per replicare che «sarebbe interessante capire se questa è anche la posizione del presidente. Se c’è un parto a rischio deve sicuramente avvenire negli ospedali maggiori. Ma i parti naturali si possono ancora effettuare negli ospedali come Tione, senza che tutti prendano l’auto partendo magari da Pinzolo. Su tutto questo in campagna elettorale la maggioranza ha detto solo bugie». Più tardi, circa l’ipotesi di un ritiro delle deleghe, o di dimissioni dell’assessora, anche Fugatti dirà di non crederci affatto: «Non cambierà nulla, perché il Patt è succube del Pd. E oggi in aula lo abbiamo potuto toccare con mano».













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