rifiuti

Pannolini che diventano arredo

La Provincia guarda ad un impianto sperimentale per portare sotto il 20 per cento i rifiuti in discarica



TRENTO. Si punta all’eccellenza. Con venti anni, più o meno, d’anticipo sulle regole europee. La Provincia è al lavoro, con due diverse aziende private su Trento e Rovereto, per cercare di ridurre il materiale che finisce nelle discariche, attualmente il 20 per cento di quanto viene raccolto.

L’Europa per ora suggerisce, ma per il 2035 impone, che in discarica non rimanga più del 15 per cento del materiale raccolto. Cosa potrebbe fare la differenza? Trattare le tonnellate di pannolini e pannoloni (quelli per bimbi oltre a quelli utilizzati dagli anziani) che attualmente finiscono in discarica e che in un indomani potrebbero diventare addirittura materiale d’arredo.

I pannolini, e chi ha dei piccoli in casa lo sa benissimo, costituiscono una massa enorme di rifiuti. A livello nazionale pesano per ben 900 mila tonnellate all’anno di indifferenziato. La raccolta a Trento, tanto per dire, è ad un livello che in molte città possono solo sognare, visto che si viaggia sopra all’80 per cento. Ma i pannolloni per ora finiscono accatastati in discarica.

Archiviato da anni il progetto dell’inceneritore, si è scelta una raccolta porta a porta molto spinta che ha, di fatto, allungato sino al 2030 la vita delle discariche presenti sul territorio.

Ma occorre guardare avanti. L’ottica è di sperimentare, utilizzando anche il valido apporto scientifico che arriva dall’Università di Trento, metodi che consentano di ridurre la percentuale di residuo composto anche dai pannoloni. La ditta che in questo campo sta lavorando in ottica futuribile è la pescarese Fater.

Proprio la Fater ha avviato nei mesi scorsi un progetto pilota in Veneto, in provincia di Treviso che, se giudicato valido, potrebbe trovare applicazione anche da noi.

Di che si tratta? I pannolini vengono inseriti in una sorta di autoclave che li lavora dividendo alla fine del ciclo la plastica dalla cellulosa. Tutto, grazie al calore, viene sterilizzato.

La plastica può in questo modo finire nei cicli produttivi dove si utilizza questo materiale (si pensa anche ad oggetti per l’arredo urbano), mentre la percentuale di pannolone composta da cellulosa può diventare prodotto tessile, carta o prodotto assorbenti per animali domestici.

Nel Veneto dove stanno già provando questo metodo assicurano che le cifre sono interessanti visto che si parla di 150 chili di plastica e di 350 chilogrammi di cellulosa per ogni tonnellata di rifiuto di tipo pannellone assorbente.

Quello che ora va capito per bene, nel trevigiano è pur sempre un impianto sperimentale, è il rapporto costi benefici per un settore, quello del riutilizzo e del riciclo dei rifiuti, in testa alle agende di ogni governo, non ultimo quello della Provincia di Trento. I dati lasciano un margine di tranquillità su scelte che, tuttavia, incideranno non poco sulla qualità della vita di chi verrà. In passato si è anche provato a ridurre la quota di assorbenti suggerendo un approccio verde, con pannolloni di tessuto, lavabili e riutilizzabili. Ma i tempi moderni, veloci e pieni di impegni, non li incoraggiano. (g.t.)













Scuola & Ricerca

In primo piano