LA RELAZIONE

Minoranze linguistiche a rischio senza un piano socio economico

La parte in ombra sta nella mancanza, per quanto richiesta da tempo, di un piano economico – sociale per mettere in sicurezza le minoranze più deboli



TRENTO. La parte in ombra sta nella mancanza, per quanto richiesta da tempo, di un piano economico – sociale per mettere in sicurezza le minoranze più deboli, cioè mocheni e cimbri; la parte in luce nella solida corazza legislativa che è stata resa ancora più forte dalla recente legge regionale, dalla norma di attuazione sulla scuola ladina e dal dibattito nella Consulta per la riforma dello statuto dove il tema delle minoranze è stato centrale.

Questa, in sistesi, la relazione dell'Autorità per la tutela delle minoranze presentata a Trento dal presidente Dario Pallaoro, da Giada Nicolussi e Luciana Rasom.

«Le criticità ci sono – ha esordito Pallaoro – ma rispetto ad altre minoranze qui abbiamo un buon modello legislativo e finanziario». Un modello, come ha dimostrato una ricerca condotta dal Istituto di statistica della Provincia, che ha permesso di mantenere la coesione sociale all'interno delle minoranze, cioè un senso di appartenenza e un legame alla propria lingua e cultura.

Passi avanti decisivi, ha ricordato il Presidente dell'Autorità per le minoranze linguistiche, sono stati fatti nel campo dell'alta formazione, strategica per la preparazione degli insegnanti nelle lingue minoritarie.

Risultati che sono stati permessi anche dai finanziamenti della Pat per il sostegno delle attività a favore delle minoranze, 750 mila euro, e quello della Regione che arriva a 1 milione e 850 mila euro.

Pallaoro ha ricordato però che le minoranze stanno subendo la pressione della globalizzazione che si incarna nei nuovi mezzi di comunicazione, nei social che tendono ad appiattire addirittura le lingue nazionali.

Anche su questo fronte è importante la scuola. Se per i ladini, ha ricordato, sono state superate le polemiche e il ladino è stato inserito a pieno titolo nel disegno del trilinguismo, per mocheni e cimbri i problemi rimangono. Prima di tutto quello della continuità didattica dopo le elementari.

C'è il rischio della dispersione – ha ricordato il Presidente Pallaoro – I bambini di Luserna dopo le elementari di Lavarone non continuano lo studio della loro lingua, così come quelli mocheni».













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