Infanticidio di Trento: Francesca Bolzoni trasferita a Verona

In carcere a Rovereto le altre detenute la minacciavano e insultavano di continuo



TRENTO. La situazione era ormai diventata insostenibile. Gli insulti e le minacce da parte delle altre detenute erano divenuti tanto assillanti che la direzione del carcere di Rovereto, in accordo con il magistrato, ha deciso di trasferire Francesca Bolzoni Giovannoni presso la casa circondariale di Verona. Da quando era stata arrestata, il 4 ottobre scorso, la quarantunenne trentina accusata d'aver ucciso il figlio appena partorito, viveva di fatto barricata nella sua cella.
Il trasferimento nella struttura del capoluogo veneto renderà ovviamente più difficoltose le visite e gli incontri con i propri legali, ma renderà - questa almeno è la speranza - un po' pesante la detenzione per la donna, che in questi giorni di segregazione forzata ha letto numerosi libri, «mezza biblioteca» come ha detto lei stessa. I suoi difensori, l'avvocato Paola Bonenti e Beppe Pontrelli, hanno intanto presentato istanza di incidente probatorio con l'intenzione, qualora il gip accogliesse la loro richiesta, di affidare una perizia psichiatrica ad un professionista di fuori regione. Lo scopo, è chiaro, è dimostrare che Francesca, quella tragica sera del 26 giugno, dopo aver partorito nel bagno della grande casa di famiglia a Cognola, in cui era in corso una cena, non era in grado di intendere e volere.
Oggi a mezzogiorno, invece, il papà di Francesca, Enzo, sarà ascoltato per la seconda volta dal sostituto procuratore di Trento Marco Gallina. L'uomo, che lunedì pomeriggio è tornato in libertà dopo 13 giorni di carcere, si recherà presso l'ufficio del magistrato al primo piano del Palazzo di giustizia insieme ai suoi legali, l'avvocato Maurizio Pellegrini e Gian Pietro Fia. Durante la detenzione, Enzo Bolzoni Giovannoni ha scritto un breve memoriale consegnato nei giorni scorsi allo stesso dottor Gallina.
Il sessantanovenne, indagato per il reato di occultamento di cadavere, proprio come il dottor Vincenzo Mauro, medico di famiglia e presente anch'egli alla festa.
L'altro giorno il gip Francesco Forlenza ha firmato l'ordinanza di scarcerazione ritenendo che l'età dell'uomo, le condizioni di salute notevolmente peggiorate dopo il fermo - problemi cardiaci ne avevano imposto un ricovero d'urgenza in ospedale - imponessero un «senso d'umanità» che ha portato alla revoca della custodia cautelare in carcere. A questo, si legge nell'ordinanza, si aggiunge anche il fatto che Enzo non ha alcun precedente e nella sua vita sono del tutto assenti comportamenti antisociali.
Come garanzia che l'uomo non possa fuggire all'estero, tornando magari a Santo Domingo dove vive da anni, secondo il gip possono bastare l'obbligo di consegnare alla polizia giudiziaria il passaporto e gli altri documenti validi per l'espatrio e l'obbligo di firma, due volte alla settimana, presso i carabinieri di Trento.

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