Infanticidio di Cognola, il nonno e il medico vogliono patteggiare

Il medico punta a restare sotto i due anni di pena. Oggi Enzo interrogato


Ubaldo Cordellini


TRENTO. Prime pene per l'infanticidio di Cognola. Mentre la Procura appare orientata a chiedere il giudizio immediato per Enzo Bolzoni Giovannoni e il dottor Vincenzo Mauro, gli indagati iniziano a pensare al patteggiamento. Ieri l'avvocato del medico, Luca Pontalti, ha incontrato il pubblico ministero Marco Gallina. Oggi, Enzo Bolzoni Giovannoni sarà interrogato.
Per il reato di soppressione di cadavere, il codice penale prevede una pena da 2 a 7 anni di reclusione. Considerando una riduzione di un terzo per il rito e di un altro terzo per il risarcimento del danno, il dottor Mauro ha già fatto sapere di voler fare una sostanziosa donazione al Villaggio Sos, si può scendere tranquillamente sotto i due anni di reclusione, ovvero il limite massimo per ottenere l'affidamento in prova ai servizi sociali. La stessa strada potrebbe essere scelta anche da Enzo Bolzoni Giovannoni, difeso dagli avvocati Maurizio Pellegrini e Piergiorgio Fia. Il papà di Francesca ha già depositato un corposo memoriale in cui chiarisce molte cose. Anche i rapporti tra sua figlia e il dottor Mauro: «Tra Francesca e Vicenzo c'era un rapporto confidenziale. Erano molto amici». Enzo non sa quale fosse il limite, ma per spiegare che tipo di consuetudine il medico avesse con la famiglia Giovannoni Bolzoni, aggiunge: «So per certo che il dottor Mauro ha dormito nel mio letto, nella stanza che fu di mia madre Ines Fedrizzi, alcune volte». Questa consuetudine spiega perché il medico fosse presente a cena la sera del 26 giugno. Quella maledetta sera.
Intanto continua la guerra del tutti contro tutti. Saltano fuori i verbali dell'ultima confessione del medico. Quella del 5 ottobre. Il dottor Mauro getta tutto sulle spalle di Bolzoni: «Enzo mi disse che il bambino bisognava nasconderlo, farlo sparire, proponendo di seppellirlo, suppongo nel giardino, oppure buttarlo in un cassonetto dell'immondizia. Mi si avvicinò tenendo in mano il sacchetto contenente il bambino dicendomi testualmente:"non puoi occupartene tu che sei un vero amico?" Io non risposi nulla e lui mise la busta nella mia autovettura. Sul pavimento alla base del sedile anteriore destro. Io gli dissi:"Pensaci bene", ma lui non rispose».
Nel memoriale, Bolzoni Giovannoni sostiene una versione molto differente: «Io ero totalmente sotto choc. Quando Vincenzo accertò che il bimbo era morto, disse:"Ci penso io e se ne andò con il fagotto contenente il bambino"». Il particolare è degno di nota perché da questo dipende la paternità del reato di soppressione di cadavere che è contestato a tutti e due in concorso. In caso di patteggiamento, però, si giungerà a una prima conclusione.

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