l'accusa

«Grisenti deve pagare centomila euro»

Lo chiede la procura della Corte dei Conti all’ex presidente dell’A22 per il danno d’immagine arrecato agli azionisti trentini



TRENTO. Centomila euro. Questa la cifra che la Procura della Corte dei Conti chiede a Silvano Grisenti come risarcimento per danno d'immagine. Condannato in via definitiva per truffa, violenza privata e corruzione propria – all'epoca dei fatti Grisenti, difeso dall’avvocato trentino Vanni Ceola, era presidente dell'Autobrennero – era accusato d'aver offerto tre pranzi (per un valore complessivo di 900 euro) ai colleghi di partito della Margherita al ristorante «La Campanella» al Cimirlo, utilizzando la carta di credito dell'A22, e di aver cercato di costringere la cooperativa emiliana Ccc a ritirare il ricorso al Tar contro l'aggiudicazione all'Ati guidata proprio dall'A22 del ruolo di promotore per l'autostrada Cispadana, minacciando conseguenze sulle future gare d'appalto dell'Autobrennero.

L'udienza è fissata per il prossimo 19 ottobre e la Corte dei Conti chiede il risarcimento per il danno all’immagine subito non dall'A22, ma dai suoi azionisti trentini e cioè dal Comune di Trento, dalla Provincia e dalla Regione. L'inchiesta della Procura di Trento e della Guardia di Finanza su una cupola che riusciva a pilotare gli appalti pubblici in Trentino era esplosa il 16 settembre 2008. Quel giorno le fiamme gialle arrestarono cinque persone, tra imprenditori, progettisti e faccendieri ed effettuarono decine di perquisizioni. Nel corso dell'inchiesta la Procura è riuscita a recuperare già 9 milioni di euro.

Gran parte di questi, 8 milioni, vennero versati come risarcimento alla Provincia dall'imprenditore Fabrizio Collini per poter patteggiare. Gli altri vennero pagati dagli altri indagati, sempre per poter accedere al patteggiamento.

La parola “fine” alla vicenda giudiziaria di Grisenti era arrivata il 9 marzo dello scorso anno, quando la Cassazione ha confermato la sentenza del 18 marzo 2014 con la quale la Corte d'appello di Bolzano aveva condannato Grisenti a un anno di reclusione per corruzione propria, truffa e tentata concussione.

Dopo la sentenza, la Regione aveva provveduto al licenziamento dell’ex super assessore provinciale ed ex presidente di A22, che era rientrato al lavoro dopo la sua sospensione, poi divenuta decadenza, dal consiglio provinciale. Un licenziamento che, secondo la Regione, era un atto dovuto senza possibilità di interpretazione, una conseguenza automatica della sentenza di condanna per corruzione.

La difesa di Grisenti, però, aveva prodotto una lunga memoria in cui spiegava che il reato per cui Grisenti è stato condannato non vedeva la Regione come vittima e, quindi, il licenziamento non è giustificato. E il 26 gennaio scorso, dopo una lunga serie di “batoste”, Grisenti aveva fatto segnare un punto a suo favore: il giudice del lavoro di Trento, Giorgio Flaim, ha accolto il suo ricorso contro il licenziamento e, oltre ad annullare il licenziamento stesso, per mancanza di giusta causa, ha anche imposto il reintegro di Grisenti e condannato la Regione a versargli le 8 mensilità dovute per il periodo non lavorato, più gli interessi e i contributi, ovvero circa 25 mila euro. Grisenti, che comunque ha preferito non tornare al lavoro, ora dovrà affrontare la Corte dei Conti.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano