«Garantire parti sicuri, non sotto casa»

Il primario Ioppi sui tagli ai punti nascita: «Merito al coraggio dell’assessore, da 14 anni disattendiamo certi requisiti»


di Chiara Bert


TRENTO. «La gente chiede sicurezza, non di partorire sotto casa. Mi sembra che certi sindaci di valle non abbiano consapevolezza che stiamo parlando di sicurezza, non di comodità». Marco Ioppi, primario di ostetricia e ginecologia a Rovereto e direttore del dipartimento materno-infantile dell’Azienda sanitaria, dal 2011 al 2013 è stato responsabile del reparto di ostetricia di Tione, il punto nascita di cui l’assessora alla salute Donata Borgonovo Re due giorni fa ha annunciato la chiusura. Un altro, quello di Cavalese, è sotto osservazione. E nelle valli è scattata la protesta di sindaci.

Dottor Ioppi, cosa risponde agli amministratori sul piede di guerra?

Innanzitutto voglio dare merito all’assessore per aver affrontato un argomento annoso. La ringrazio perché da anni noi medici chiediamo di lavorare in sicurezza, per noi e per le nostre pazienti.

E oggi non è così, negli ospedali di periferia?

Parliamo di sicurezza in un momento cruciale come il parto, che è stata un po’ tralasciata. Le ultime raccomandazioni del ministero della salute sono del giugno scorso e dicono che le strutture dove si partorisce devono possedere dei requisiti minimi. Mi meraviglia che i sindaci, che sono i primi responsabili della salute della pazienza, anziché fare polemiche non chiedano servizi sicuri.

Quali sono i requisiti minimi per garantire un parto in sicurezza?

C’è un requisito numerico, che dice che sotto i 1000 parti all’anno i punti nascita vanno chiusi. A livello provinciale questa soglia è stata ridotta a 500 parti per via di una specifica situazione orografica. Ma al di sotto di questo tetto dobbiamo dire chiaramente che non possiamo assicurare quell’esperienza continuativa che ogni professionista dovrebbe avere. Se a Tione si fanno 150 parti all’anno, con i turni poteva accadere che un’ostetrica vedesse 20 parti all’anno. Troppo pochi. Ma ci sono anche altri requisiti da garantire, come la presenza dei servizi di anestesia, trasfusionale, di neonatologia.

Tutti servizi che nelle valli non ci sono...

Guardi, non possiamo continuare a riempirci la bocca che siamo i più bravi. Corriamo il rischio di disattenderli i requisiti che il ministero ha dato, anzi sono 14 anni che li disattendiamo. Uno lo abbiamo molto semplicemente aggirato con una delibera di giunta del 2009: dovrebbe esserci un ginecologo in sala parto h24, noi abbiamo stabilito che il requisito è garantito perché a Trento e Rovereto il ginecologo c’è sempre. Certi amministratori non capiscono.

Che cosa?

Che il rapporto nati-morti è un indicatore troppo grossolano per valutare un punto nascita, bisogna guardare il numero dei cesarei, i trasferimenti dei neonati a Trento, i casi di ricorso alla rianimazione. Questo è il termometro ed è mio dovere avvisare per tempo chi amministra che siamo di fronte a un’assistenza ostetrica che non è all’altezza.

Si potrebbe obiettare che un’altra strada è quella di potenziare gli ospedali di valle assumendo personale.

Anche se fosse economicamente sostenibile, il problema è un altro. Non troviamo medici disposti ad andare a lavorare in strutture ospedaliere periferiche anche dal punto di vista professionale.

In val di Fiemme c’è chi propone pacchetti gratis negli alberghi per i familiari delle donne che sceglieranno di partorire a Cavalese. Che ne pensa?

Che la sala parto è un posto molto delicato, non può essere paragonata ad un altro posto di lavoro. Si pensa che tutto debba sempre andare bene ma non è così. Siamo sicuri che una donna sappia con certezza cosa trova quando va a partorire a Tione? Anche sull’applicazione della carta dei servizi dovremmo essere più rigorosi. Non possiamo scherzare sulla sicurezza e ho la sensazione, da alcune dichiarazioni che ho letto, che certi amministratori non abbiano ancora questa consapevolezza. Qui non è in discussione la comodità, ma la sicurezza. E la gente chiede sicurezza, non il parto sotto casa. Le famiglie vanno all’Ikea per comperare dei mobili, si spostano quando gli conviene. Figuriamoci se non sono disposte a farlo quando in gioco c’è la nascita di un figlio.

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