Divorzio e comunione, un tabù che «vacilla»

Ieri a Trento il convegno dedicato al rapporto fra separati e religione Don Borsato: «Spero in una maggior apertura del momento dell’Eucarestia»


di Maddalena Di Tolla


TRENTO. È una parte della comunità della Chiesa trentina che ieri si è messa in gioco, in qualche modo anche a nudo, quella che ieri si è presentata all'Oratorio del Duomo. Il convegno dedicato dalla Pastorale per la famiglia e dai Gruppi in cammino al rapporto dei separati, divorziati e risposati con la propria Chiesa, non è stato molto partecipato. I presenti, quasi tutti adulti, di età media non proprio giovanissima, hanno colto il momento di confronto e di incontro fra credenti e istituzione, sincero e aperto anche a fragilità, eccessi, rancori, e alle debolezze. Le quattro testimonianze di altrettante persone con percorsi di divorzio alle spalle, hanno mostrato i diversi modi in cui i cattolici vivono queste esperienze, oscillando tra una compiuta elaborazione che porta ad una serenità, e d'altro lato rancori, giudizi e sofferenza mal digerita. Proprio qualche “scivolone” di stile di un “testimone” che raccontava la propria esperienza e che ha fatto sobbalzare più di un partecipante e gli organizzatori, dimostra la totale autenticità di questo evento, lasciato scorrere partendo dal basso. Nell' organizzazione dell'incontro infatti, con coraggio, Don Albino Dell'Eva, direttore del Centro per la Famiglia e referente per la Pastorale dell'Arcidiocesi di Trento, ha lasciato mano libera ai Gruppi in cammino, che hanno proposto l'evento. Emerge dai lavori una sentita volontà delle persone con un vissuto di separazione e divorzio di vivere appieno e in modo chiaro la vita comunitaria della Chiesa, e una sentita apertura di molti, che Don Albino ovviamente può sentire vicina ma non confermare come rappresentante istituzionale del corpo ecclesiastico, verso la possibilità di ricevere anche il sacramento dell'Eucaristia, perfino per i credenti divorziati e risposati, tema scabroso fino a ieri. Ha dato eco a queste istanze pervenute in modo netto dal basso don Battista Borsato, direttore dell'ufficio Diocesano per la famiglia di Vicenza, che ha detto apertamente quanto altri possono solo auspicare di sentire un giorno dire dal pulpito ufficiale, ovvero ad esempio cose come «la Chiesa dovrebbe amare le persone prima dei valori, perché Cristo era un radicale, non un rigoroso. E quindi anche la Chiesa deve porre il primato della carità sui valori, pur sempre importanti». Questo si traduce nella necessità per la Chiesa di «pensare con chi pensa diversamente, altrimenti la Chiesa non va da nessuna parte - e ancora, - nella visione di un'Eucaristia politica: troppi credenti vivono invece i sacramenti e la relazione con Dio come un fatto di salvezza individuale, egoisticamente quindi». Don Battista Borsato pensa invece al battesimo come a un modo e una scelta di vita, di impegno al servizio degli altri, non come sacramento inteso come viatico verso la salvezza. E quindi, in modo “eretico” (in senso lato) Borsato ha detto «sono tra coloro che sperano che si vada verso una maggiore apertura per l'Eucaristia anche per i divorziati-risposati». Del resto già il Papa Giovanni Paolo II nel 1981 parlava di «risposati che non devono sentirsi separati dalla Chiesa, perché il divorzio non interrompe la relazione con Dio». E «poiché – ha spiegato - in quel documento si diceva che i risposati possono invocare ogni giorno la grazia di Dio, allora se ne deduce che potrebbero rifare ancora la Comunione». Don Albino Dell'Eva era soddisfatto, perché la sua idea di lasciare libertà di pensiero e confronto ha trovato riscontro nel confronto.

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