Corona e Costa: l'Unesco è solo marketing

Messner, l'oste badiota e lo scrittore tra Antersasc, 7 stelle e patrimonio dell'umanità


Maurizio Di Giangiacomo


BELLUNO. Il monito controcorrente di Reinhold Messner, a difesa non tanto della natura selvaggia, quanto della cultura delle Dolomiti, intesa come know-how dell'uomo, che per rimanere sulle montagne ha bisogno anche d'infrastrutture. Il pessimismo di Mauro Corona, che conosce troppo bene l'avidità dell'essere umano per sperare che possa avere pietà delle montagne, sulle Dolomiti come in Sicilia. E la speranza di Michil Costa, l'oste della Val Badia che lancia ancora una volta il suo allarme contro la decadenza dell'urbanistica ladina, contro la febbre del mattone, perché quella che chiama macelleria turistica o pseudo-cultura pornoalpina non s'imponga definitivamente come modello turistico delle nostre vallate. È con tre personaggi d'indubbio spessore che abbiamo voluto provare ad intavolare un dibattito sugli ultimi fatti di cronaca (l'accoglimento da parte del Tar di Bolzano del ricorso di Wwf e Dachverband contro la realizzazione del secondo tratto della strada forestale di Antersasc ed il probabile "no" di Selva al progetto dell'hotel a sette stelle presentato da Claudio Riffeser), ma più in generale su quello che è successo sulle nostre montagne nell'anno trascorso dalla proclamazione delle Dolomiti quali patrimonio dell'umanità da parte dell'Unesco. E se è vero che Messner, Corona e Costa, con le loro risposte, non ci hanno riservato chissà quali sorprese, resta l'importanza di tre testimonianze ognuna a suo modo unica, anche per i toni polemici: il Re degli Ottomila se la prende con lo stesso Costa, lo scrittore di Erto preannuncia un'iniziativa clamorosa nei confronti dell'Unesco.













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