Ateneo, fulmini di Dellai contro i dissidenti

Il presidente ribatte ai prof: «Se diamo così fastidio ce andiamo»


Robert Tosin


TRENTO. «Se proprio diamo così tanto fastidio, abbiamo un sacco di altre cose da fare». Dellai lo ha detto in tono pacato, ma il messaggio è esplosivo. Il presidente non ha preso per niente bene la bocciatura - e le critiche - alla proposta di Statuto dell'Università. Ha provato a mordersi la lingua, ieri in conferenza stampa. Ha provato a sfoderare un politicissimo: «Preferisco non fare commenti», ma si è tradito subito, aggiungendo un eloquente «... per carità di patria». Insomma, Delai ha mantenuto i modi del gentleman, ma è furioso fino all'esplicita "minaccia" di dirottare gli interessi della Provincia altrove.

Non sarà così. Non può essere così, perché l'università è comunque un perno centrale dello sviluppo trentino. E lo ha detto sottolineando che questo è un passaggio troppo importante per l'ateneo e per la provincia intera. Ma la rabbia per quella bocciatura è notevole. «Per commentare devo prima sapere - ha detto ieri - perché non oso pensare che quello che ho letto sui giornali sia quello che effettivamente si sono detti all'ateneo. Forse i giornalisti si sono sbagliati e hanno riferito la cronaca che proviene da qualche altra università, magari di latitudini lontane dalle nostre. Mi auguro solo che ci sia stato un equivoco di fondo e che possiamo chiarirlo al più presto, per cui prima di commentare voglio capire bene come è andata. E' un passaggio troppo importante».

E il chiarimento dovrà avvenire in tempi rapidi, visto che la scadenza per l'approvazione dello Statuto è alle porte e si rischia un commissariamento che in realtà nessuno vuole. Il nodo centrale resta quello della rappresentatività: i docenti vogliono più voce in capitolo, soprattutto non vogliono una Provincia troppo «invadente». Ai prof non piace l'idea prevista dalla bozza che vede l'ente pubblico finanziatore egemone del consiglio d'amministrazione con sei membri su nove. La controproposta mira invece ad una distribuzione più equa del peso "politico".













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