Marangoni, su 41 licenziati nessuno è stato riassunto 

Ieri l’incontro tra sindacati e azienda, chiesta la revisione degli accordi del 2013 «Si sono rivelati inutili». Intanto lo stabilimento di Ferentino valuta nuovi esuberi



ROVERETO. I chiarimenti sulle prospettive future e sulla situazione attuale, il sindacato non è riuscito a ottenerli. Ieri all’incontro in azienda tra sindacato e azienda, c’erano il responsabile del personale Bergese e il direttore della produzione Merlo, assente invece l’amministratore delegato di Marangoni, Dino Maggioni. I dirigenti hanno spiegato che per potersi sbilanciare devono prima essere stabiliti i budget per l’anno in corso, che saranno oggetto di un incontro interno allo staff del gruppo, in calendario martedì. Perlomeno, i sindacati hanno potuto sottoporre a Marangoni la piattaforma rivendicativa per gli accordi aziendali del 2013 (il cosiddetto “patto lacrime e sangue”, che costò ai lavoratori una flessibilità più spinta e una serie di clausole peggiorative, come ad esempio la riduzione della durata della pausa pranzo), scaduti da tempo. «Erano stati imposti come condizioni per il rilancio dell’azienda - commenta Mario Cerutti della Cgil -, ma dato che pochi mesi più tardi sono rivelati inutili, visto che sono state licenziate decine di dipendenti, possiamo considerarli del tutto ininfluenti, e dunque vanno ridiscussi. Se il contesto è cambiato a tal punto da renderne vani gli effetti, non si capisce perché insistere su questa strada. Intanto registriamo il fatto che le nostre richieste sono state ascoltate». Se vengano recepite, però, è tutto un altro paio di maniche. Nel frattempo l’azienda, tenendo fede all’impegno preso, sta trasferendo le lavorazioni della sala mescole nello stabilimento di via del Garda. In sé, un fatto positivo per i lavoratori di Rovereto. Ma altrettanto non possono dire i dipendenti dello stabilimento “gemello” di Ferentino, dove da circa sei mesi è stato applicato il contratto di solidarietà, e con la chiusura della sala mescole (che verrebbe concentrata su Rovereto) si apre la strada a nuovi esuberi. Lontano da Rovereto, ma si parla sempre dello stesso gruppo. Anche la fabbrica di Parma potrebbe venire ridimensionata da questo processo. Ironia della sorte, Ferentino e Parma erano le destinazioni offerte come “mobilità interna al gruppo”: nessuno aveva accettato di trasferirvisi, a suo tempo ma se qualcuno avesse deciso di traslocare, adesso si troverebbe nella stessa situazione di partenza.

Quanto ai fuoriusciti, per loro la situazione è tutt’altro che rosea. I dati ufficiali, aggiornati al 24 gennaio (cioè tre giorni fa) dicono che sono ben 41 i lavoratori licenziati da Marangoni iscritti alle liste dei Centri provinciali per il lavoro. Di questi, tre erano occupati stagionali nei lavori socialmente utili (ad esempio, nel Progettone), otto assunti con contratto a tempo determinato, tre hanno aperto un’attività autonoma, mentre altri nove stanno maturando i requisiti per la pensione. Inoltre, nel computo totale, sedici risultano disoccupati e di questi ben nove senza nemmeno una giornata di lavoro. Un segnale preoccupante per la difficoltà di trovare un’occupazione sostitutiva, mentre altri venti posti vacillano su Rovereto. Il prossimo incontro tra sindacato e azienda è previsto a fine febbraio. (gi.l.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













Scuola & Ricerca

In primo piano