Dukw, ora si punta al recupero 

Torbole, ieri posate sul relitto a 276 metri di profondità le bandiere di Italia e Usa


di Katia Dell’Eva


TORBOLE. «Ci diamo appuntamento qui per quando lo tireremo su». Così il sindaco di Nago-Torbole, Gianni Morandi, ha voluto chiudere il momento di commemorazione e celebrazione che ieri pomeriggio ha posto fine ai quattro giorni di immersioni e di studi sul Dukw, l’anfibio americano della seconda guerra mondiale affondato nel Garda. Una ferma speranza, la sua, condivisa da tutti i presenti: «non si conoscono tempistiche e mezzi, ma il relitto si dovrà tentare di farlo emergere» - ha aggiunto. Del resto la storia di questo mezzo bellico è un convergere di passioni personali che, non è difficile crederlo, faranno di tutto per poter vedere realizzato il sogno del Dukw all’asciutto, alla luce del sole, magari, chissà, in una piazza. Si comincia da chi per primo ne sentì parlare, più di quindici anni fa, l’esperto della Decima Divisione da Montagna, Giovanni Sulla, e che se ne mise alla ricerca, più di ogni altra cosa, queste le sue parole, «per poter dare finalmente dignità a 25 ragazzi caduti per la nostra democrazia». Un amore per la storia bellica americana e italiana, che si intreccia inesorabilmente con le ricerche, pressoché contemporanee, dello studioso d’Oltreoceano Jeff Patton e, nel 2012, con le reali scoperte da parte di Luca Turrini e Mauro Fusaro, i Volontari del Garda che individuarono il relitto. E poi, ancora, c’è l’americana Fondazione ProMare, colei che tutto ha finanziato e concretamente messo in moto, con la collaborazione della nostrana associazione Benàc. Passioni a cui si sono aggiunte, via via, lungo il percorso, gli entusiasmi dell’amministrazione, di Carlo Bombardelli, colui che, ragazzino in quel 30 aprile del 1945 in cui il Dukw affondò, diede l’allarme e fece in modo che il solo superstite fosse salvato, e ancora della squadra nautica della Polizia di Riva, dei due piloti del sommergibile che ha permesso le recenti perlustrazioni a 276 metri di profondità, del Circolo Vela Torbole, e dei sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Trento. Un lavoro di squadra che è stato celebrato ieri nell’onore di chi, forse a causa di un eccessivo carico dell’anfibio, perse allora la vita e oggi, contrariamente a quei resti così ben conservati, non è più possibile ritrovare. Per chiudere le operazioni si è dunque voluto leggere in una piccola cerimonia solenne i nomi dei caduti, posare dei fiori davanti al monumento che li celebra e, precedentemente, in una reale immersione nella storia, posare le bandiere americana e italiana sullo stesso Dukw. «Un gesto per il quale mi sono sentito, anche negli abissi, di dover indossare la fascia di sindaco» - dichiara Morandi - «non solo perché rappresentavo la mia comunità, ma perché rappresentavo un’Italia che deve onorare chi è morto per lei».













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