Lagercrantz appassiona, ma resta marketing

QUELLO CHE NON UCCIDE



Ci siamo imposti di recensire Quello che non uccide con l’atteggiamento più “laico” possibile: ne abbiamo già lette diverse di stroncature – preconcette? – del romanzo con il quale David Lagercrantz ha cercato di perpetuare il successo della Trilogia Millennium del compianto Stieg Larsson. L’autore svedese merita un giudice imparziale, perché ha scritto un vero page turner, su questo non c’è dubbio: Lisbeth Salander torna in pista in grande stile, arrivando a sferrare addirittura un attacco hacker al server dell’Nsa, per regolare una volta per tutte i conti in famiglia; Mikael Blomqvist è ridotto quasi al ruolo di “spalla” dell’imprevedibile eroina punk, ma la sua lotta per la sopravvivenza della rivista Millennium, i prodigi di un bimbo autistico savant e gli interrogativi – attualissimi – sulla nascita di intelligenze artificiali capaci di prendere il sopravvento sulla razza umana arricchiscono un romanzo che vi berrete appunto in poche ore, frutto di un grande lavoro di studio e documentazione e di una passione autentica – peraltro molto ben pagata – per le opere di Larsson e, soprattutto, per la figura di Lisbeth.

David-Lagercrantz

A Quello che non uccide non manca niente. Ma, molto semplicemente, è un romanzo di David Lagercrantz – figlio d’arte, giornalista famoso per aver scritto la biografia di Zlatan Ibrahimovic – non di Stieg Larsson, che nei tre romanzi della Trilogia Millennium aveva messo anche tutta la sua anima politica. Quella alla quale Lagercrantz si è prestato è, invece, un’operazione di marketing letterario. Condotta come meglio non si poteva, ma pur sempre un’operazione di marketing.

Quello che non uccide
David Lagercrantz
Marsilio 500 pagine, 22 euro













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