La bandiera bianca sventolata a Serravalle 

A cento anni di distanza un libro ripercorre l’armistizio della Grande Guerra Domani in edicola con Alto Adige e Trentino la storia e le immagini



BOLZANO/TRENTO. Il 3 novembre 1918 a Padova, nella villa del conte Vettor Giusti del Giardino, i plenipotenziari italiani ed austriaci siglarono l’accordo che poneva termine alla guerra sul fronte del Belpaese. Da quella firma cruciale scaturì ciò che sui libri di storia è conosciuto come l’armistizio di Villa Giusti.

Cosa rese possibile la capitolazione dell’Austria-Ungheria e in quali condizioni si giunse alla stipula dell’accordo che interruppe le ostilità? Come furono condotte le trattative e in quale clima si svolsero? A queste e ad altre domande risponde il libro di Lorenzo Cadeddu, storico e colonnello della Riserva, da anni impegnato negli studi dedicati al Primo conflitto mondiale. Il volume si intitola “Novembre 1918: la fine della Grande Guerra. La battaglia di Vittorio Veneto e l’armistizio di Villa Giusti” e racconta come dopo l’offensiva del solstizio, combattuta nel giugno del 1918 e scatenata dai comandi della duplice monarchia con la speranza di sfondare il fronte italiano, l’esercito austro-ungarico avesse ormai esaurito ogni capacità combattiva. Ulteriori azioni offensive non sarebbero più state possibili per la mancanza dei mezzi e delle risorse necessarie. La guerra dell’Austria-Ungheria era destinata a diventare un lento morire giorno dopo giorno, nell’attesa del colpo finale che gli italiani avrebbero prima o poi vibrato. Quel momento era destinato ad arrivare presto: il 24 ottobre ebbe infatti inizio la battaglia di Vittorio Veneto che, dopo i primi tre giorni di combattimenti nei quali gli austriaci diedero quasi l’impressione di poter reggere il colpo, si trasformò in una marcia trionfale verso Trento e Trieste.

La sera del 28 ottobre gli italiani entrarono a Vittorio Veneto e la 6^ Armata austriaca dovette abbandonare il Grappa e unirsi al resto delle forze in ritirata. Che cosa era accaduto? Perché nessun contrattacco fu tentato? La mancanza di risorse fu di certo determinante, ma soprattutto nelle retrovie i reggimenti cechi, polacchi e ungheresi rifiutarono di battersi. L’esercito della duplice monarchia cominciò a sfaldarsi sotto la pressione delle diverse nazionalità che lo componevano e che volevano solo tornarsene nei loro paesi d’origine. Ai comandanti non restava che chiedere la fine delle ostilità, ma non fu così facile.

La mattina del 29 ottobre il primo negoziatore, il capitano Kamillo Ruggera, si presentò alle nostre linee presso Serravalle, fra Rovereto ed Ala. Faceva parte della commissione di tregua che Vienna - pressata dagli eventi - aveva frettolosamente costituito sotto la direzione del generale Viktor Weber Edler von Webenau. Il generale e i suoi colleghi non avevano nemmeno la completa consapevolezza di ciò che stava accadendo in patria e della reale situazione sul fronte. Ruggera venne condotto ad Abano e la sera del 30 ottobre anche lo stesso generale Webenau superò le linee italiane. Le due parti s’incontrano a villa Giusti alle ore 10.00 del 1º novembre.

Le richieste degli Alleati furono fin da subito chiare e non soggette a trattativa: immediata cessazione delle ostilità, smobilitazione delle forze austro-ungariche e ritiro alle zone prebelliche, mantenimento di sole 20 divisioni in armi, consegna di metà dell’artiglieria e restituzione dei prigionieri di guerra. I delegati austriaci cercarono di tergiversare e di prendere tempo, ritenendo di avere qualche margine di trattativa: miravano alla semplice interruzione delle ostilità, magari anche con accordi diretti fra le truppe sul campo, mantenendo lo status quo per restare, in attesa degli eventi, nelle zone che occupavano anche all’interno del territorio italiano. La trattativa però procedeva sotto la pressione delle nostre forze che avanzavano verso Trento e Trieste con il rischio che l’esercito austriaco inseguito si dissolvesse. Di fronte ad una simile prospettiva di sfacelo e ad una drammatica situazione politica, che vedeva le diverse nazionalità dell’impero abbandonare Vienna al proprio destino, i plenipotenziari austriaci realizzarono di non avere alternative. Alle 15.20 del 3 novembre 1918, con le truppe italiane che dilagavano ovunque, venne infine firmato l’armistizio che poneva termine al conflitto. Sarebbe entrato in vigore 24 ore dopo, verso le 16 del 4 novembre.













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