L’INTERVISTA»AGNES HELLER PARLA DI MIGRANTI E TERRORISMO

di Francesca Celotto Accoglienza e solidarietà, ma con razionalitá. La pensatrice più importante del nostro tempo, Ágnes Heller, discepola di Gyorgy Lukacs, mente e anima della Scuola di Budapest ed...


di Francesca Celotto


di Francesca Celotto

Accoglienza e solidarietà, ma con razionalitá.

La pensatrice più importante del nostro tempo, Ágnes Heller, discepola di Gyorgy Lukacs, mente e anima della Scuola di Budapest ed erede della cattedra di Hannah Arendt alla New School di New York sarà nei prossimi giorni in regione per una seria di incontri.

Lunedì alle ore 18 parlerà a Bolzano nell’ aula magna dell’ Università sul tema che fa da sfondo al ciclo di incontri del Centro per la pace: “La promessa dell’ utopia”. Insieme a lei parlerà anche Vincenzo Passerini, presidente delle Comunità di accoglienza del Trentino Alto Adige (CNCA). Martedì 5 la filosofa terrà poi un dialogo a Trento (ore 20.30 al Teatro Sociale) con Riccardo Mazzeo nell’ ambito del ciclo “Utopia500” organizzato dalla casa editrice il Margine insieme alla Provincia. Verrà presentato il nuovo libro a firma Heller e Mazzeo edito da Erickson dal titolo “Il vento e il vortice. Utopie, distopie. Storia e limiti dell’ immaginazione”. Infine il 7 aprile la Heller è attesa in Senato per una lectio magistralis.

La speranza di una società perfetta si è affievolita a causa della mancanza di democrazie liberali. Il terrorismo non viene dalle zone di guerra. Il terrorismo è già in Europa. Ma la paura di morire ci rende ciechi di fronte alla realtà. I sopravvissuti all’ Olocausto, rispettosi della Bibbia e memori della loro tragica esperienza, temono che la storia si ripeti. Probabilmente non vi è soluzione al fenomeno, ma la situazione va fronteggiata. È in gioco il futuro dell’ Europa.

Ágnes Heller, lei sarà a Bolzano per un incontro dal titolo “La promessa dell’ utopia”. Ogni guerra si chiude con la promessa di pace, eppure oggi, sembra che il mondo sia in continuo conflitto. Lei crede che “l’ isola felice”, che politici ed istituzioni continuano a promettere, sia nella realtà inarrivabile?

«Il popolo europeo ha smesso di sperare in una società perfetta, ancor meno nel progresso universale. La maggior parte delle utopie tradizionali (mi riferisco a Platone, More, Fourier) hanno perso attrattiva, non si desiderano più. L’ uomo è, tuttavia, ancora alla ricerca di speranze, come quella della pace perpetua proposta da Kant, ma questo presuppone che in tutto il mondo esistano delle democrazie liberali, un qualcosa direi di quasi impossibile al momento.

Il mondo è sempre stato pericoloso e tuttora lo è, soprattutto dopo il crollo dell’ Unione Sovietica, quando alcuni di noi hanno creduto di non aver più una posizione privilegiata nella storia umana. Sparito un pericolo ne riappare un altro. È questo il motivo principale per cui gli europei non apprezzano le utopie.

Alcuni vi guardano con cinismo, altri invece si impegnano come meglio possono in un miglioramento del presente, limitando, ad esempio, le zone di guerra, cacciando via il terrorismo (anche se credo che questo non potrà mai essere completamente eliminato) e diminuendo l’ abisso tra la qualità della vita globale e quella all'interno dei singoli stati.

Siamo divisi tra la volontà di accogliere i popoli in fuga dalla guerra e il timore che il terrorismo si nasconda tra di loro. Lei crede che la paura di morire abbia cancellato i valori di amore e solidarietà? Gli europei sono in gran parte cristiani. Ma come hanno potuto dimenticare il principio cardine del cristianesimo dell’ ama il prossimo tuo come te stesso?

«Io non penso vi sia una relazione tra gli attentati di Parigi e Bruxelles e l’ afflusso dei rifugiati. Dopotutto, i terroristi erano cittadini europei. Bisognerebbe condurre un’ analisi sociologica e psicologica per capire come mai la seconda generazione di arabi musulmani in Europa si sia stanziata in gran numero soprattutto in certi Stati. Ma non tutti sono sociologi o psicologi e, pur condividendo il mio punto di vista, hanno comunque paura dei migranti. Hanno paura, come essi stessi affermano, che i loro figli e nipoti possano essere vittime degli attentati terroristici. Questa reazione irrazionale è eccessiva, ma non priva di fondamento.

La paura è cattiva consigliera se annulla i valori di solidarietà ed empatia. Quando si tratta di aiutare ed accogliere i rifugiati di guerra, popoli la cui vita è in pericolo, uomini che hanno perso le loro case e lottano per la sopravvivenza, allora solo una è la risposta morale: lasciamoli entrare! Ma questo non significa che a tutti debba essere concesso di entrare. Qui non si tratta di essere solidali o empatici, ma piuttosto di essere razionali e realistici.

I pochi sopravvissuti all’ Olocausto e i loro figli sono motivati da tre lezioni, o esperienze di vita. Innanzitutto, rispettano i Testi Sacri che obbligano ad aiutare lo straniero che vive con noi. Poi, aver vissuto negli anni ’30 e ’40 in un mondo ostile e chiuso, che mai li ha accolti. E probabilmente oltre un milione di loro è stato ucciso proprio per questo. E infine la paura che il terrore stia ritornando in Europa. La paura che tutto si ripeta, in altra forma e colore».

Nel 1882 Nietzsche ha annunciato: “Dio è morto”, ucciso dalla società occidentale. E anche la stessa società occidentale è morta. Per Dio egli intendeva tutti i valori e le certezze morali, su cui era basata la civiltà. Questo è stato affermato prima dell’ Olocausto e di tutte le tragedie umane accadute negli ultimi due secoli. Lei pensa che si peggiori di giorno in giorno e che, ormai in tutto il mondo, la civiltà stia crollando sotto le sue stesse azioni nefande? Crede che sia ancora possibile l'arrivo di un Oltreuomo che guidi l’ umanità verso l’Utopia?

«La “morte di Dio” non significa che la gente non andrà più in chiesa. Nietzsche intendeva dire che Dio non sarà più l'autorità suprema, il giudice massimo, e di conseguenza gli uomini non riusciranno più a distinguere il bene dal male. Siamo giunti al punto che modernità e religione non si contraddicono, tanto meno vita religiosa e neutralità di uno Stato (e l’ America ne è un esempio). Tuttavia, mi verrebbe da dire che l’ Europa, questo continente di stati-nazione, sia stata ri-paganizzata. Voglio dire che da noi l’ autorità suprema è diventata “la nazione” e la religione è diventata il “nazionalismo”. Gli Europei hanno scoperto universalismo e nazionalismo contemporaneamente. Tali scoperte, al momento, stanno cozzando tra loro, e lo scontro di opinioni e sentimenti circa la questione dei rifugiati spiega questo conflitto irrisolto, e probabilmente irrisolvibile. Ma pur senza una soluzione, la situazione va fronteggiata. Vi è in gioco il futuro dell'Europa e dell'Unione Europea».

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