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Silvia e Veronica, le amiche che hanno inventato «Dorà»

Raccogliere vestiti usati per rimetterli «in circolo»: dall’hobby all’attività di «second hand»


di Daniele Peretti


CAVALESE. Due donne, Silvia Morandini e Veronica Cerquettini che grazie ad una comune passione diverranno anche amiche seppur provenendo da esperienze diverse: Silvia ragioniera, laureata in sociologia e di professione educatrice; Veronica diploma al Liceo Scientifico poi triennale a Rovereto in Psicologia Cognitiva, ma anche maestra di sci e attualmente segretaria da remoto, hanno trovato un punto d’incontro. Che è anche un’attività che crea connessione con tante persone.

«Ci unisce il comune pensiero del riciclo degli abiti. Per me – ci dice Silvia – era un’idea, un obiettivo diventato concreto quando mi hanno presentato Veronica che aveva organizzato giornate in casa propria, proponendo vestiti usati». Veronica spiega: «Era una sorta di “porte aperte” a casa mia. Sono bastati alcuni messaggi e le mie amiche mi hanno portato i vestiti che ho messo in vendita».

Una volta conosciute, Silvia e Veronica hanno dato vita al progetto che hanno chiamato “Dorà Second Hand”, dorà in dialetto significa “usato”, ma assume anche un significato simbolico. «Richiama la nostra terra ed infatti il progetto è territoriale nel senso che raccogliamo dalla nostra gente i vestiti che mettiamo in vendita che restano all’interno della comunità locale. Non solo, ma una parte del ricavato va in beneficenza a favore di associazioni della valle».

Il meccanismo è molto semplice. Due uscite stagionali “in corrispondenza del cambio armadio”, un negozio temporary shop a Tesero dove viene messo in vendita tutto quanto; amici, parenti e conoscenti donano a Silvia e Veronica. «Tutto va in vendita ad offerta minima, perché l’idea non è quella di ottenere un guadagno, ma di diffondere una filosofia alternativa come lo è quella del riuso. Ci piace l’idea di essere delle “svuota cassetti e armadi” anche perché gli abiti non sono fatti per non essere indossati, ma devono avere una loro vita che può essere benissimo anche una seconda vita». Le prime due edizioni, maggio e novembre dello scorso anno, hanno portato Dorà nella palestra della piscina di Cavalese; quest’anno la proposta primaverile è stata prolungata ed è durata due mesi: maggio e giugno.

Dorà è anche un progetto in divenire. Al momento è un’attività puramente hobbystica, ma vorremmo strutturarci in un modo definitivo. Anche per questo prendiamo parte al progetto “Sviluppo territoriale: dimensione donna” la cui partecipazione è aperta alle imprenditrici dell’Euregio. Quello che vogliamo è rendere duraturo il nostro progetto.

Qual è stata la sorpresa di questo periodo? Sicuramente la mole di vestiti raccolti che, secondo me, è una conferma indiretta della disponibilità della nostra gente. Poi sentirsi dire da tante persone che l’idea l’avrebbero anche loro, ma non hanno avuto il coraggio di concretizzare. Ci ha sorpreso anche scoprire che lo scambio di vestiti usati era già in atto da tempo in forma privata. Di acquistare usato se ne parla un po' in tutti i settori, ma c’è ancora diffidenza.

Com’è l’atteggiamento delle persone che vengono per acquistare? Cerchiamo di creare una certa atmosfera con le cose in ordine ed appese con spazio tra un appendino e l’altro. Ci piace quando la gente ci dice che non sembra un negozio, ma un luogo d’incontro. In valle ci sono tante persone sole che vengono per acquistare, ma anche per scambiare due parole: siamo un punto di riferimento e la cosa ci piace.

Mai deluse? Tutte le volte che ci scambiano per la discarica e portano a noi quello che andrebbe smaltito come secco. Restiamo deluse perché vuol dire che non hanno capito il nostro spirito ed il messaggio che vogliano trasmettere.

La disponibilità di abiti è più al femminile o al maschile? Femminile anche perché abbiamo fatto delle campagne di raccolta prettamente femminili. Dalla seconda edizione abbiamo dato spazio al maschile ed a settembre sarà la volta anche dei bambini. Nonostante questo la nostra pagina Instagram è seguita da un 15% di uomini.

Dorà è un progetto, ma è anche un “progetto… nel progetto”? Certamente e ne abbiamo davvero tanti. Il primo sarebbe quello di creare, e potrebbe mancarci anche poco, dei carrelli itineranti che posizioneremmo nell’ambito di attività amiche.

Come funzionerebbe? Funzionerebbe tipo un bookcrossing con la differenza che ci sarebbe una cassetta per la raccolta delle offerte. Vorremmo arrivare a riservare uno spazio fisso ai capi per bambini. Quando a novembre andremo ad aprire il temporary shop due settimane saranno dedicate esclusivamente all’abbigliamento per bimbi. Poi abbiamo l’idea di creare un documentario che illustri il nostro progetto, ci servirà anche un magazzino.

Avete fatto anche delle sfilate. C’è stata la sfilata con abiti usati che abbiamo proposto nell’ambito della manifestazione “La magia delle donne” organizzata dal Comune di Cavalese. Sarebbe bello riuscire a promuovere i nostri eventi di vendita con sfilate stagionali.

Avete certamente un sogno. Un furgone che inizialmente sarebbe solo un’alternativa alle nostre macchine, ma che poi potrebbe servirci per una sorta di vendita ambulante su tutta la Provincia, ma appunto è un sogno.

Cos’è Dorà? Un’alternativa agli stili di vita tradizionali; un modo diverso di vestirsi anche con abiti di qualità, ma a costi alternativi a quelli delle grandi catene di abbigliamento; ma anche un servizio alle persone.













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