Intervista

Di professione smaltatrice, Elisa Donazzolo sogna un laboratorio mobile

Le piacerebbe vivere e lavorare viaggiando, tenendosi ben lontana dal commercio in rete. È specializzata in miniatura di terzo fuoco

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COMMERCIO Le artigiane dei mercatini slow. «Una precisa scelta di vita»


Daniele Peretti


VATTARO. Elisa Donazzolo, il suo cane Ariel e un sogno: un laboratorio mobile che le permetta di lavorare senza confini e limiti, tenendosi ben lontana dal commercio in rete.

Di professione Elisa fa la smaltatrice su rame e si è specializzata in miniatura di terzo fuoco; un diploma all'istituto d'arte con indirizzo di pittura e poi un lungo apprendistato a fianco della mamma Inge diplomata alla scuola dello Smalto di Bolzano. Il risultato? Assemblaggio di carillon, gioielli, ceramiche e tanti altri oggetti che trovano spazio all'interno del "Flauto Magico" di Folgaria.

Prima di Vattaro?
Sono nata a Bressanone, ci siamo trasferiti a Bolzano e quando avevo 4 anni abbiamo scelto Vattaro. Abitavamo in centro a Bolzano ed i miei genitori si erano stufati, cercavano qualcosa in mezzo alla natura, ma i costi in Alto Adige sono assurdi ed ecco la scelta di Vattaro incastonato tra verde e i laghi. In paese abbiamo il laboratorio e poi si fa la spola con Folgaria, praticamente sono 31 anni che faccio questo lavoro perché il laboratorio l'ho vissuto sin da piccola a fianco dei miei genitori.

Quello della smaltatrice è un lavoro difficile?
È bello perché ha poche regole fisse e bisogna andare molto per tentativi anche perché i componenti dei prodotti base variano con frequenza e quindi l'errore è in agguato, ma come si usa dire: sbagliando s'impara.

Come riesce a vendere i suoi manufatti?
Oltre al negozio, mercatini selezionati ed alla base di tutto il contatto umano. Non mi interessa e rinuncio volentieri alle possibili vendite tramite Facebook o Instagram o genericamente online.

Cosa rappresenta il suo lavoro?
Sono fiera di tenere alte due bandiere: quella dell'azienda di famiglia e quella degli artigiani intesi come realizzatori delle proprie idee con l'uso esclusivo delle loro mani. Parrebbe breve il passo tra artigianato e arte. Parrebbe perché in realtà a rispettare queste regole siamo davvero in pochi. Gli altri, una volta ottenuto lo status di artigiani, affiancano alle loro produzioni oggetti di altri e così finiscono per svilire il nostro lavoro. Per questo parliamo di mercatini selezionati e personalmente rifuggo dalla rete: la qualità va difesa anche da chi ti è accanto.

C'è ancora richiesta per i carillon?
Ricordano oggetti alquanto demodè. Invece piacciono a tutti. A parte gli adulti che cercano i classici portagioie, le giostrine o le realizzazioni fatte per le culle, piacciono anche ai bambini. Piacciono gli organetti o i pianoforti dove possono essere loro a scegliere le melodie o il volume. Noi acquistiamo i meccanismi e creiamo tutto il contorno.

Un lavoro che sembra quasi da fiaba.
Infatti ne sono appassionata tanto da aver creato una linea di gioielli che ho chiamato Alice nel paese delle meraviglie. In fin dei conti anche Il Flauto Magico è ispirato a una favola.

C'è spazio per una delusione?
Ogni volta che vedo noi artigiani esclusi dai grandi eventi. Ci cercano fino a quando non sono consolidati, poi ci scartano come se dessimo fastidio. Al contrario potremmo essere un valore aggiunto, una ricchezza.

Chiedete spazi riservati?
No, ma il nostro posizionamento dipende dalla sensibilità degli organizzatori. Perché non andiamo più alla fiera di Santa Lucia o a quella di San Giuseppe? Perché o ci mettevano in posti decentrati o ci si trovava ad esempio tra due banchetti gastronomici. Il rispetto e la valorizzazione dei nostri lavori dipende anche da chi abbiamo vicino. Ed è anche per questo che preferiamo organizzarci da soli i nostri mercatini.

Nelle sue realizzazioni ci sono dei tratti che la identificano?
Ci sono senza rendermene conto tanto che non le saprei dire quali sono. Però mi capita di parlare con dei clienti a Folgaria che mi dicono di aver già visto miei oggetti in estate in qualche mercatino di montagna. "Ma non era certo lei", mi dicono, ed invece ero proprio io e sono loro a non riconoscermi.

Parliamo di Ariel?
Molto volentieri, l'ho preso in un canile del Lazio ed è con me da sei anni. Un meticcio di poco più di 4 chili che mi accompagna ovunque. Ha persino la pazienza di accompagnarmi quando faccio i mercatini e deve stare delle ore immobile.

Invece il laboratorio su quattro ruote?
Si tratta di un progetto-sogno. Riuscire a trasferirlo su un mezzo a motore nel quale viverci pure e col quale spostarmi e produrre senza luoghi fissi. Non sarà facile perché i problemi tecnici sono molti, però mi piacerebbe tanto.

Realizza d'istinto o dietro al manufatto c'è uno studio?
L'idea che mi viene la devo trasferire in un disegno o almeno uno schizzo quindi devo capire se può essere realizzabile. Ad esempio le punte sono le parti più fragili e quindi devo in qualche modo difenderle studiando degli specifici stratagemmi. Poi bisogna valutare tutti i rischi della cottura. Insomma non è per nulla facile trasformare l'idea in realtà.

C'è un punto base dal quale partire?
Direi lo spessore che nella smaltatura su rame quello del contro smalto dev'essere uguale a quello dello smalto, sembra facile? Per nulla decisamente.

Che definizione darebbe del suo lavoro?
Indubbiamente creativo. Di soddisfazione ogni volta che si riesce a realizzare le proprie idee che una volta messe in vendita piacciono e i clienti tornano altre volte. Direi anche che l'essere artigiano sia il bello del lavoro anche se a chi decide di intraprendere questo lavoro auguro tanta, ma tanta fortuna. Alle volte sembra di avere tutti contro.













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