Lago di Garda

«Salvaguardiamo il patrimonio ittico del lago di Garda, anche dal punto di vista gastronomico e turistico»

L’assessore di Peschiera (e vicepresidente della Comunità del Garda) Filippo Gavazzoni tende la mano a Trentino e Lombardia: «Facciamo un’offerta unica»


Daniele Peretti


LAGO DI GARDA. Il lago di Garda non sta perdendo solo la sua eccellenza ittica, ma anche tutti quegli aspetti identitari che gli permettevano di essere unico tra tutti i competitor. Spesso è stata la mancanza di obiettivi comuni tra le tre province delle sue coste a rendere impossibile una salvaguardia delle tradizioni e delle biodiversità lacustri.

Oggi è necessario correre al riparo ed a questo proposito Filippo Gavazzoni assessore comunale a Peschiera del Garda con deleghe alla Protezione Civile, Tutela del Lago di Garda, Portualità, Tutela dei beni storici e delle mura, Politiche del Turismo e Viabilità, nonché vice presidente della Comunità del Garda è in prima linea.

Il lago di Garda ha perso il Carpione, ma non solo quello che era il pesce che lo identificava a livello gastronomico: «Il Carpione è stato inserito nella red list dei pesci ad alto rischio estinzione; consideriamo che era celebrato già da Catullo e che di fatto ha tenuto in piedi l’economia del Garda da sempre. Era un piatto unico, insieme alla trota lacustre».

Sono note le cause della sua scomparsa?

«Premetto che le valutazioni ittiofaunistiche del Lago di Garda non hanno base scientifica perché non è mai stata quantificata la biomassa del lago e quindi si sono sempre fatte delle deduzioni sulla base del pescato.

Oggi l’unica realtà che sopravvive è la Cooperativa dei Pescatori di Garda. Con questa premessa possiamo dire che alla base della scomparsa del carpione ci sono i cambiamenti morfologici del Lago di Garda. La messa in sicurezza di strade e pareti ha eliminato le frane naturali che portavano i detriti sui 150 metri di profondità creando un fondo ghiaioso privo di alghe che era l’habitat ideale per la riproduzione del Carpione.

Poi ci sono i competitor alimentari non autoctoni come il Lavarello che è stato introdotto nel 1918. Ma parliamo anche dell’Alborella che fritta era una prelibatezza assoluta, scomparsa quasi in contemporanea in tutti i laghi montani».

Anguilla e pesce siluro si trovano nel Lago di Garda?

«Quella dell’Anguilla Gardesana è una storia molto sfortunata. Originariamente era qualitativamente migliore e costava anche di più, rispetto a quella di Comacchio, poi la costruzione della diga a Ponti sul Mincio ne ha compromesso la riproduzione perché le impediva di risalire la corrente.

Per questo si è dovuto ricorrere alle immissioni, ma dal 2011 la pesca è proibita e di conseguenza ci si è fermati col ripopolamento, perché dalle analisi emersero tracce di diossina.

Considerando che le acque del lago di Garda non sono inquinate, il suo destino dev’essere stato segnato da un’immissione di pesci già contaminati.

Il pesce siluro è stato visto per la prima volta a Peschiera nel 1988 ed alle foci del Sarca nel 1995 a conferma di come si sia riuscito ad impossessarsi del lago adattandosi anche alle basse temperature».

Sulle basi delle sue cariche istituzionali sta lavorando ad un progetto di caratterizzazione gastronomica del lago...

«Si parte da un’idea di base. Tutte le località turistiche stanno puntando sulle mega strutture, tralasciando le opportunità del territorio. Andrà a finire che con un’offerta di base identica, la scelta dei turisti sarà fatta sugli elementi che differenziano.

Il lago di Garda recuperando i pesci che hanno fatto la sia fortuna, potrebbe proporre un’offerta gastronomica unica. Certo ci vogliono fondi, disponibilità politico amministrative per un progetto interprovinciale inedito.

Pensiamo che negli anni Cinquanta sul lago si faceva la fame ed il riscatto sociale che è arrivato fino al lusso è partito dai vini locali Lugana e Bardolino abbinato a piatti unici come lo era anche la trota lacustre», conclude Gavazzoni.













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