Il caso

Omicidio Regeni, a Roma il processo a carico di quattro 007 egiziani

Sono accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore nel gennaio del 2016 al Cairo. I genitori di Giulio: «Attendevamo questo momento da otto anni». Dopo le eccezioni preliminari delle difese, il processo aggiornato al 18 marzo



ROMA. "Una giornata molto importante". Così i genitori di Giulio Regeni, Claudio e Paola, entrando nel tribunale di Roma in occasione della prima udienza del processo a carico di quattro 007 accusati del sequestro e omicidio del ricercatore italiano ucciso al Cairo nel 2016. Fuori dalla cittadella giudiziaria molte persone per offrire sostegno ai familiari. Esposto lo striscione con la scritta " Verità per Giulio Regeni".

I quattro 007 egiziani sono accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni nel gennaio del 2016 al Cairo. Un procedimento che potrebbe veder sfilare, in qualità di testimoni, ex premier, ex ministri, e funzionari che hanno ricoperto, all'epoca del drammatico omicidio, ruoli apicali nei servizi di sicurezza e alla Farnesina.

Nei confronti degli imputati, a seconda delle posizioni, le accuse sono di concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato e sequestro di persona aggravato. Al termine di un tortuoso iter giudiziario e dopo che la Consulta, nel settembre scorso, aveva fatto uscire il procedimento dal pantano in cui era finto a causa dell'assenza degli imputati, il gup di Roma ha mandato a giudizio il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif.

Nel processo si è costituita parte civile la Presidenza del Consiglio che ha sollecitato, in caso di condanna degli imputati, un risarcimento di 2 milioni di euro. Nell'atto di costituzione di parte civile l'Avvocatura dello Stato scrive che si è in presenza di "un orrendo crimine" che "ha colpito profondamente la comunità nazionale, per le incomprensibili motivazioni e per le crudeli modalità di esecuzione".

"Erano otto anni che aspettavamo questo momento. Finalmente speriamo che il processo possa partire. Sono state sollevate le questioni preliminari che erano già stata rigettate in tutte le altre aule di giustizia: speriamo, dopo la decisione della Consulta che rafforza molto la nostra posizione, di potere avere un processo contro chi ha fatto tutto il male del mondo a Giulio". E' quanto afferma l'avvocato Alessandra Ballerini, legale assieme al collega Giacomo Satta dei genitori di Giulio Regeni, al termine della prima udienza del processo a carico di 007 egiziani accusati del sequestro e dell'omicidio. Nel corso processo sono state avanzate dai difensori una serie eccezioni per chiedere la nullità del decreto che dispone il giudizio cui i giudici scioglieranno la riserva il prossimo 18 marzo.

Dalle difese eccezioni sul capo di imputazione e la giurisdizione

La prima udienza del processo per l'omicidio di Giulio Regeni è stata dedicata esclusivamente ad eccezioni preliminari da parte dei difensori dei quattro 007 egiziani. In particolare gli avvocati hanno chiesto ai giudici di dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio su una serie di questioni tra cui la indeterminatezza del capo di imputazione e il difetto di giurisdizione. Dalle difese è stato chiesto, inoltre, di comunicare all'autorità egiziane che la sentenza della Consulta ha "fatto cambiare le cose, in modo da fare dichiarare al Cairo l'assenza di loro cittadini". Eccezioni su cui la Procura di Roma, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, ha replicato sostenendo che già altri giudici si sono espressi in passato respingendole e quindi chiedendone il rigetto. Il giudice si è quindi riservato di decidere nella prossima udienza fissata al 18 marzo.













Scuola & Ricerca

In primo piano

Il caso

Chico Forti lascia il carcere a Miami, rientro in Italia più vicino: "Per me comincia la rinascita"

Da ieri il 65enne trentino, condannato all’ergastolo per omicidio, è trattenuto dall'Immigrazione Usa: nelle scorse ore firmato l’accordo per scontare la pena in Italia. Lo zio Gianni: "Speriamo in tempi brevi"

LA PROCEDURA. La sentenza Usa sarà trasmessa alla Corte d'Appello di Trento
IL RIMPATRIO. Il ministro Nordio: «Chico Forti, lavoriamo per il suo ritorno in Italia il prima possibile»
IL PRECEDENTE Nordio: "Gli Usa non dimenticano il caso Baraldini"
COMPLEANNO Chico Forti, 64 anni festeggiati in carcere: "Grazie a chi mi è vicino" 
IL FRATELLO DELLA VITTIMA Bradley Pike: "E' innocente"

CASO IN TV La storia di Chico in onda negli Usa sulla Cbs