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A Dubai si apre Cop 28: quanti ritardi nella lotta al global warming

Dal 30 novembre via ai lavori del vertice internazionale sul clima


Carlo Bridi


TRENTO. Si apre domani 30 novembre, a Dubai, Cop 28, il vertice sul clima che si svolge ogni anno dal 1995.

Si tratta del più alto organo decisionale mondiale sulle questioni climatiche. E’ prevista la presenza di 70 mila delegati provenienti da 197 nazioni di tutto il mondo. Vista l’assenza di Joe Biden e Xi Jiping c’era grande attesa per la prima presenza di Papa Francesco, che com’è noto ha una fortissima sensibilità sui temi ambientali, sarebbe stata per la prima volto la presenza di Papa, a questi vertici, ma i medici lo hanno sconsigliato di partecipare per una lieve indisposizione.

Sarà comunque presente- per la prima volta- una delegazione del Vaticano. E’ questa una grande occasione per cominciare a passare dalle parole e dalle promesse, molte in questi anni dopo l’accordo di Parigi di otto anni fa ancora in larga parte non attuato. Certo, le premesse non sono delle migliori perché il presidente di Cop 28 già ministro di Stato emiratiano, è tuttora amministratore delegato di un grosso gruppo petrolifero di Abu Dhabi e secondo un voluminoso dossier presentato in questi giorni, avrebbe approfittato di questa carica per fare affari.

A Dubai si farà un primo bilancio dei progressi (pochi), rispetto agli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi e si spera di arrivare a decidere una serie di azioni future. L’Agenzia internazionale dell’energia proporrà 5 azioni per tenere il mondo in linea con gli obiettivi ONU del 2030; dal triplicare la capacità delle rinnovabili al raddoppio del tasso di miglioramento dell’efficienza energetica, all’impegno delle società petrolifere e del gas a progredire nella transizione energetica.

Certo, i dati resi noti dall’Onu in questi giorni non sono incoraggianti. Le emissioni di gas serra –dopo il calo dovuto alla pandemia- hanno ripreso ad aumentare. Nonostante l’accresciuta sensibilità e gli indubbi passi avanti fatti in questi ultimi anni, il trend attuale non è ancora quello giusto. Senza un ulteriore deciso cambiamento di rotta il trend delle emissioni ci potrebbe fatalmente portare ad un aumento compreso tra i 2.5 e i 2.9 gradi della temperatura rispetto al livello preindustriale e le conseguenze sarebbero catastrofiche. Per evitare tale esito e raggiungere gli obiettivi fissati a Parigi per contenere l’aumento sotto i 2 gradi è necessario che da qui al 2030 si riesca a realizzare una riduzione delle emissioni pari al 35%. Un obiettivo ambizioso affermano le Nazioni Unite, ma che non possiamo lasciarci scappare. Ma nel contempo non possiamo ignorare la realtà attuale chi inquina di più oggi nel mondo? Pochi giorni fa Oxfam, la Ong attiva in tutto il mondo, ha presentato dei dati che devono far riflettere: l’1% della popolazione mondiale inquina quanto 5 miliardi di poveri. Si tratta di 5,9 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.

Ma non solo, le conseguenze peggiori di questo impazzimento del clima causato dalle emissioni di Co2 vanno ad incidere in percentuale altissima sulle fasce più povere della popolazione, quelle che non hanno contribuito se non marginalmente a questa situazione. Il nostro Pianeta è gravemente malato continua a ripetere Papà Francesco, e noi non facciamo abbastanza per migliorare la situazione. Ovviamente non ci sono bacchette magiche che possono risolvere tutto d’un tratto il problema, ma di certo è indispensabile un’azione costante di educazione delle popolazioni particolarmente di quelle dei paesi più ricchi che come visto sono i maggiori responsabili di questa situazione. Per questo azioni come quella che fa il mondo del volontariato nelle scuole per sensibilizzare docenti e discenti come sta facendo ad esempio l’Associazione Scuola Senza Frontiere (ASSFRON), sull’importanza di ridurre gli sprechi alimentari è molto importante.

Il fatto che nell’ultimo anno si siano ridotte le percentuali di cibo sprecato, documentato dal prof. Andrea Segrè è un fatto molto significativo. Lo sprecometro ideato dall’UNIBO, che hanno cominciato ad introdurre alcuni istituti scolastici va in questa direzione.













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