Sci, si va verso la chiusura totale 

La stagione invernale. Gli impiantisti hanno preso atto dell’impossibilità di aprire anche dopo il 7 gennaio. A breve la comunicazione verrà ufficializzata, ma già si sono tenute riunioni a livello territoriale. Valeria Ghezzi (Anef): «Servono i ristori, ma lo Stato non ci sta ascoltando»


Luca Petermaier


Trento. La “deadline” viene considerata il 20 di gennaio. Se entro quella data non ci saranno le condizioni per una riapertura in sicurezza degli impianti di risalita, l’Anef (l’associazione degli impianti a fune) è pronta a gettare la spugna, decretando che la stagione invernale 2020/2021 non è esistita.

Di questo si è parlato nei giorni scorsi nel corso di alcune riunioni dell’associazione a livello territoriale, sia in Trentino che nelle altre regioni dell’arco alpino e la posizione sembra comunemente accettata. Nei prossimi giorni - dopo averlo comunicato ai governatori delle rispettive regioni - i vertici degli impiantisti dovrebbero rendere pubblica la decisione.

Del resto, tutti danno ormai per abortita la riapertura il 7 di gennaio (come da ultimo Dpcm), mentre si considera come condizione minima compatibile con un’apertura delle piste da sci una diffusione del contagio intorno alle mille persone al giorno su tutto il territorio nazionale. Al momento un dato a cui non crede nessuno. Oltretutto un’eventuale via libera dovrebbe arrivare entro e non oltre gli ultimi giorni di gennaio, al fine di permettere agli impiantisti di organizzarsi per ripartire con i primi giorni di febbraio. Andare oltre con i tempi non avrebbe più senso: inutile mettere in moto una macchina così complessa per un mese e mezzo di stagione (se tutto andasse bene).

Non è una scelta facile. Soprattutto, non lo è poiché attorno agli impianti da sci ruota l’intera filiera del turismo invernale, fatta di alberghi, seconde case, ristorazione, maestri di sci, trasporti, negozi. Ma gli impiantisti, oggi, hanno il compito di essere responsabili oltre che realisti. E il realismo, oggi, porta in una sola direzione. Se poi, a inizio febbraio, si realizzassero le condizioni per poter chiedere al governo una riapertura almeno per la fine stagione, l’Anef non si tirerà indietro. Ma tutto questo appare oggi come uno scenario assai improbabile.

I ristori

Strettamente legato al tema della chiusura definitiva degli impianti c’è quello dei ristori su cui, al momento, le posizioni di Anef e del governo appaiono distantissime. Valeria Ghezzi, presidente nazionale di Anef, sulle chiusure non si sbilancia: «La decisione se chiudere definitivamente non è ancora stata presa. Posso solo dire che stiamo affrontando il tema». La stessa Ghezzi, però, è più esplicita sul tema ristori: «Il governo fatica a comprendere che se la stagione non parte il nostro danno non è di quattro mesi, ma è totale: 90% e oltre. Oltretutto gli impiantisti hanno già affrontato molte spese per prepararsi all’apertura della stagione. Questi costi chi li sostiene?».

Al momento la questione ristori è impantanata. Gli emendamenti per i rimborsi al settore sci sono stati stralciati dal Decreto Ristori 4, con l’impegno del governo di inserirli nel prossimo Decreto Ristori: «Io ho l’impressione che a Roma non abbiano ancora capito come funziona l’economia dello sci. Lo comprendo, il nostro è un settore particolare, che in quattro mesi fa tutto il fatturato di un anno. Il governo ci ha chiesto di poter avere un quadro dei costi che abbiamo sostenuto finora. Poi più nulla».

Il modello francese

La richiesta di ristori di Anef segue la falsariga di quella che i colleghi francesi hanno ottenuto dal loro governo. Ovvero: 70% dei costi o 50% del fatturato. Va anche detto che il piano di ristori francese prevede anche che vengano «integrate nei settori coperti tutte le attività localizzate nelle stazioni sciistiche e nelle valli da esse dipendenti, che hanno meno di 50 addetti e che giustificano una perdita di fatturato superiore al 50% del “piano turismo”. In quanto tali, potranno beneficiare dell'assistenza del fondo di solidarietà fino a 10.000 euro e di un'attività parziale con copertura del 100%. La misura si applicherà non solo nei comuni delle stazioni sciistiche, ma anche nei comuni delle valli da esse dipendenti». Come si vede un piano ampio, che dimostra la piena comprensione dell’impatto economico che la chiusura degli impianti di risalita ha sull’economia di interi territori.

La zona gialla ha penalizzato

Va anche sottolineato, tuttavia, che in attesa di una mossa del governo, qualche indennizzo potrebbe essere previsto anche a livello regionale. Il Piemonte (entrato nelle settimane scorse in zona rossa) lo ha fatto, stanziando aiuti per 20 milioni di euro. E il Trentino? «Ancora nulla» - taglia corto Ghezzi. «L’essere stati in zona gialla, paradossalmente, ha finito per penalizzarci rispetto alle zone rosse che hanno portato a casa ristori anche per le società con più di 5 milioni di euro. Noi gialli, invece, niente».













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