«No a riforme made in Confindustria»

«L’ente difenda la propria autonomia dalle lobby di categoria». L’incontro con la delegazione M5S: «Gli unici interessati»


Roberto Colletti


TRENTO «È inevitabile. Ogni cinque anni, con il rinnovo degli organi spuntano questi neo illuministi che ti spiegano cosa devi fare: fare sintesi delle istanze dei mondi produttivi, diventare l'interlocutore tra imprese e politica, essere il motore del rinnovamento e dell'innovazione e magari anche - è successo - comprare la vecchia sede delle Poste per farne un centro commerciale. È una girandola di brillanti idee. Una volta passata la fregola dell'elezione, però, tutte queste belle teste illuminate scompaiono per farsi i soliti affari loro. Ci sono abituato, non mi sorprendo. Mi spiace un po', invece, quando al coro s’accoda pure l'assessore all'industria...». Il giorno dopo il rigetto, da parte della Provincia, del ricorso di Confindustria contro la composizione del prossimo consiglio camerale ed a qualche settimana dall'elezione dei nuovi vertici di via Calepina, Adriano Dalpez, presidente uscente della Camera di commercio, si sente in vena di qualche considerazione. Soddisfatto per l'esito del ricorso? Si metteva in dubbio la correttezza dei calcoli camerali. La giunta provinciale ha definito le obiezioni degli industriali “inammissibili ed infondate nel merito”. Un giudizio su cui non c'è nulla da aggiungere. Da parte del presidente degli industriali Mazzalai percepisco, invece, una volontà di screditare la Camera. Non ne vedo le ragioni, a meno che non si tratti di una pulsione personale. Spero di sbagliarmi. Cerchiamo di capire. Lei è presidente da 15 anni e, magari, qualcuno ha voglia di sostituirla. È normale. Poi il governo Renzi, in nome dell'efficienza, sta spingendo con decisione per la riforma del sistema camerale. Due ragioni che bastano per creare fibrillazioni. È così. Se le circostanze spiegano le fibrillazioni, credo, tuttavia, non si dovrebbero perdere né il buonsenso, né la lucidità. Perduto il ricorso, Mazzalai spiega che ciò che interessa veramente Confindustria è la riforma della Camera. Alla sua s'aggiunge la voce dell'assessore all'industria Olivi - che da tempo molti chiamano, chissà perché, “assessore alla Confindustria” - per spiegare come in via Calepina si lavori in modo poco efficiente, burocratico, costoso e come l'ente debba, finalmente, darsi una missione facendosi interlocutore tra imprese e Provincia. Sono parole che sembrano piovute da un altro mondo. Come se non sapessero che la “missione” della Camera non può dargliela che il legislatore, dunque la politica, nel nostro caso il consiglio regionale. Il quale dovrà uniformarsi alla norma nazionale. Mazzalai e Olivi forse intendevano dire questo... Allora lo dicano al consiglio provinciale e regionale, ne parlino ai partiti e non si limitino a sparare sulla Camera. Così, magari, si percepirà quanto le parole di Olivi assomiglino alla proposta di riforma elaborata da Squinzi e dal ministro Federica Guidi. Mi domando: le altre categorie sono d'accordo? Questa è la riflessione da fare, ma i neo illuministi se ne guardano bene. In queste settimane gli unici ad informarsi veramente sullo stato delle cose e sulle conseguenze del taglio dei diritti camerali sono stati i rappresentanti del M5S. Lunedì l'onorevole Riccardo Fraccaro della commissione affari costituzionali ed il consigliere provinciale Filippo Degasperi, ci hanno fatto visita per uno scambio di informazioni ed opinioni. Lo ripeto: sono stati gli unici a mostrare un serio interesse per il futuro dell'ente. Per il resto chiacchiere, parole, aria fritta. Nel giro di qualche settimana si eleggerà presiedente e giunta. Dopo tre legislature, si candiderà di nuovo? Non ci penso. A meno che... non me lo chieda la mia categoria, l'Associazione artigiani. È improbabile, lo so. Ma lo dico lo stesso perché, con tutte le baggianate che ho sentito in queste settimane, rivendico a nome della giunta e del consiglio ed anche della categoria che rappresento, il fatto che in questi anni la Camera ha svolto un grande lavoro di supplenza alle incertezze di chi oggi dice di fare tutto e di più: nell'organizzare il mondo del vino, nel lanciare l'internazionalizzazione, nella promozione dei prodotti. Tutte competenze ora passate ad altri enti, ma per dieci anni gestite da via Calepina. Alla Camera, a questo punto, che resta? Diventare la “casa dell'economia”, essere il punto di riferimento di analisi e di studio, l'osservatorio dello sviluppo. Autonomo, affidabile, fuori dagli interessi delle lobby che infestano il Trentino. Olivi dice che tocca agli imprenditori fare il primo passo per una Camera riformata. Lo prendo in parola e gli rispondo che, se la nuova giunta fosse formata dai presidenti delle associazioni imprenditoriali o dai loro prestanome, non succederebbe un bel nulla. Le lobby si neutralizzerebbero a vicenda. La riforma, invece, si farà se la politica smetterà di razzolare direttamente con le associazioni per poi lamentarsi che qui non si fa sintesi. Tocca alla politica dare l'esempio. Perciò al nuovo presidente che, oltre ad un bilancio ridotto di un terzo, avrà a che fare con il difficile passaggio della riforma, auguro buona fortuna. In tanta confusione ne avrà bisogno. ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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