borgo - serata con lo storico francesco frizzera 

Quando anche i trentini furono profughi di guerra 

BORGO. Una serata per parlare dei profughi trentini nella Prima Guerra Mondiale. Una ricerca, quella del trentino Francesco Frizzera, autore di numerose pubblicazioni a carattere storico, che verrà...


di Marika Caumo


BORGO. Una serata per parlare dei profughi trentini nella Prima Guerra Mondiale. Una ricerca, quella del trentino Francesco Frizzera, autore di numerose pubblicazioni a carattere storico, che verrà presentata stasera alle 20.30 nell'auditorium della Comunità di valle. Ad organizzarla è l'Ana Valsugana e Tesino, nell'ambito delle iniziative in vista dell'imminente 91° Adunata delle penne nere a Trento. Nel corso della serata dal titolo “1914 - 1919 Contesi da due Stati - I profughi trentini in Austria-Ungheria e in Italia” verranno approfondite le vicissitudini dei due gruppi di trentini che vissero l'esperienza di guerra come evacuati in Austria-Ungheria ed in Italia, facendo particolare attenzione alla sorte dei profughi della Valsugana e del Tesino.

«La definizione lenta di una linea del fronte statica in Valsugana portò, infatti, alla divisione delle comunità, alla separazione delle esperienze di gruppo e a percezioni negative da parte delle autorità, soprattutto asburgiche- ci spiegano gli organizzatori-. Il fatto che gli abitanti della Bassa Valsugana e del Tesino siano poi stati sfollati in gran parte verso le regioni italiane ne fa un caso di studio interessante, dato che entrano precocemente in contatto con l'amministrazione civile italiana».

Va ricordato, infatti, che dal maggio 1915 il Trentino venne tagliato in due dalla linea del fronte. «Quanti si trovavano in prossimità della linea o nelle città fortezza a nord vennero evacuati per ordine delle autorità asburgiche, in buona parte sulla base di piani preordinati- spiega l'autore della ricerca -. Questi evacuati vennero stanziati nelle regioni interne dell’Impero». In Tirolo o nei Länder austriaci o di lingua ceca e tedesca. «Dopo una sommaria divisione effettuata nella stazione di perlustrazione di Salisburgo, questi vennero smistati in villaggi o in campi profughi di grandi dimensioni, chiamati Flüchtlingslager, costituiti di baracche di legno. Circa 20.000 finirono nelle baracche in Alta e Bassa Austria. Gli altri vennero dispersi in più di 3000 villaggi, in piccolissimi gruppi, in Boemia, Moravia e Salisburghese», prosegue Frizzera. Al contempo, a sud del fronte la stessa dinamica venne messa in moto anche dalle autorità italiane. «Queste non disponevano di piani preventivi di evacuazione e quindi in un primo momento si limitarono a sfollare abitati che si trovavano sulla linea del fronte o in cui la popolazione aveva mostrato apertamente di non accettare l’arrivo delle truppe italiane», prosegue il ricercatore. Si trattò di evacuazioni numericamente limitate, che coinvolsero la valle del Chiese, il Livinallongo e l’Altopiano di Brentonico. Solo dal maggio 1916 con l’avanzata austriaca sugli Altipiani e in Valsugana, la popolazione venne massicciamente evacuata verso le province italiane. «Lo sfollamento coinvolse nel complesso 29.000 civili, che vennero sparpagliati in tutte le province del regno, in circa 270 località differenti, solitamente in colonie di medie dimensioni o in edifici abbandonati», conclude.

Sempre oggi, alle 18, allo Spazio Klien, nel chiostro del municipio di Borgo, si inaugura la mostra fotografica "Nel Nordest - Sulle orme degli alpini" che rimarrà aperta fino al 20 maggio.













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