Folla, commozione e poesie per De Carli 

Levico Terme: chiesa stracolma di gente per l’addio a Luciano, «grande promotore di cultura» che «viveva per gli altri»


di Franco Zadra


LEVICO TERME. «Lo abbiamo visto fino a pochi giorni fa», ha detto il parroco, don Ernesto Ferretti, nell’omelia per l’obito di Luciano De Carli, il maestro, il sindaco, il poeta. «Soprattutto - ha detto ancora don Ernesto - un uomo che viveva per gli altri e aveva fatto dei suoi molteplici impegni, occasioni per intessere relazioni, fino al suo ultimo respiro».

La chiesa è stracolma, gli occhi di tutti luccicano di commozione per «l’amico di molti che apriva la sua casa a tutti». Nella “memoria” due versi di una sua poesia, «farò naufragio un giorno con la mia vela rotta. Ritroverò il Tuo altare Signore sullo scoglio finale». Nel primo banco, accanto al feretro, a salutare la lunghissima coda di gente che ha fatto ritardare di almeno 20 minuti l’inizio della celebrazione, la sorella Paola, la moglie Luciana, la suocera Anna, e le figlie, Chiara ed Elisa. «A nome di tutta la città - ha detto il sindaco, Michele Sartori, nel suo intervento ufficiale - porto il saluto a un uomo che da sindaco aveva posto il suo mattone nella costruzione del progresso sociale e materiale della sua comunità. È stato un grande promotore di cultura, ed è particolarmente significativa la coincidenza che nel Giorno della memoria, siamo qui a dare l’estremo saluto proprio a lui che a tutti noi ha trasmesso il piacere della memoria, in particolare la memoria delle persone della comunità». Una poesia di don Mario Bebber («Compagno di confronti - ha detto Piera Gasperi - umani e artistici con Luciano, esercitando entrambi l’arte della poesia»), “Spento il bivacco, o Signore… son venuto per poter finalmente riposare”, ha sollevato l’assemblea a quelle altezze che per De Carli erano consuete. «Tu ci hai insegnato - ha detto Stefano Borile, dei Poeti Cenacolari - che un poeta non muore mai. Continuerai a regalare poesie che ci parleranno della vita. Grazie dolce maestro». Altre liriche sono state declamate, ma il momento più commovente è stato l’intervento delle figlie e della sorella Paola, a tratti bloccate dall’emozione, ma portato fino alla fine con grande coraggio. «Grazie papi – ha detto Elisa, leggendo una lunga lettera scritta in dialetto – perché, assieme alla mamma, ci hai insegnato che cos’è una famiglia, facendo di casa nostra un luogo dalle porte aperte, sempre pronto ad accogliere, anche a tavola all’ora di pranzo, chiunque chiedesse di scambiare due parole». «Se penso – ha detto ancora Elisa – a tute le volte che t’avem dit: “ma tasi en momento, lassa parlar anca i altri!”. Mancherà proprio quela voze, e le to ciacere...». «Vorrei raccontare del mio papà - ha detto poi Chiara leggendo il suo commovente saluto - a tutti questi tuoi amici che sono venuti a salutarti. So che tu di tutti sapresti dire il nome e di ciascuno sapresti raccontare uno o due aneddoti. Ho stretto la tua mano mentre volavi in cielo, di corsa come sempre». «Siete tutti nel suo cuore - ha detto la sorella Paola -, lui ha amato con tanta fede e tanto amore la sua famiglia, la sua chiesa, la scuola, la comunità, il suo Levico. Ora, in cielo con Antonio chissà quante cose avranno da dirsi».

Uscendo dalla chiesa, una fiumana di gente, sulle note del Coro “de la Roberta”, ha portato con se una mesta leggerezza, piena di poesia.













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