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Diga sul Vanoi? Assolutamente no. Il Comitato attacca: «È improponibile»

Il portavoce delle associazioni di difesa delle acque: «E’ una follia che siano già stati spesi dei soldi pubblici per questa progettazione»

VIDEO. Ecco il progetto della megadiga

VIDEO. I dettagli dell'opera e la vecchia relazione sui rischi 

LE REAZIONI. Anche la Comunità di Valle dice no

LA CONTROPROPOSTA. Il Veneto ora vuole mediare


Gigi Zoppello


CANAL SAN BOVO. Una nuova diga (veneta) sul torrente Vanoi? «Assolutamente no. Un’opera costosa, anacronistica, distruttiva per l’ambiente e nemmeno efficace. Basta, fine, non se ne parla nemmeno» è la prima reazione di Tommaso Bonazza, portavoce del Comitato Difesa delle Acque del Trentino.

Bonazza, è dagli anni Sessanta che non si costruiscono più dighe in Trentino. Come mai adesso il ritorno?
È chiaro quanto questo progetto sia derivato da un approccio anacronistico: una logica ed un paradigma di intervento che vengono da un passato concluso. Viene evidente dire che non è proprio il caso.

Ma qui si parla di un invaso per combattere la siccità...
La costruzione di un bacino artificiale viene spacciata come soluzione per la siccità, ma questa è una miope illusione. I dati - scientifici - dimostrano chiaramente come la costruzione di un bacino artificiale sia uno degli strumenti più costosi e meno efficienti per salvare l’acqua.

La motivazione qui è per l’uso irriguo. Non va bene?
È semplicemente inaccettabile. Quando invece con una piccola frazione del costo, basterebbero interventi per recuperare le acque reflue degli impianti di depurazione: ci porterebbe più del 40% di acqua in più per l’irrigazione dei campi, e invece oggi dai depuratori l’acqua finisce dispersa nei fiumi. Questo sarebbe anche un incentivo a migliorare la depurazione e chiudere il circolo virtuoso del riutilizzo idrico. (Guarda IL VIDEO di Gigi Zoppello sul progetto)

Qui però ci sarebbe anche la produzione di energia elettrica, un guadagno in più?
Diciamolo che l’idroelettrico è tutt’altro che green. E non ci vengano a parlare del costo energetico dei pannelli solari o delle pale eoliche: l’idroelettrico ha un impatto ambientale di gran lunga superiore. Basti pensare che la produzione del calcestruzzo per costruire una diga del genere emette così tanta CO2 che nessun altra fonte rinnovabile produce. È totalmente anacronistico.

C’è poi il problema dell’equilibrio dell’ambiente fluviale...
Questa è un’aggravante: abbiamo tutti contezza dei vantaggi di un sistema fluviale in salute, che ci dà milioni e milioni di euro di benefici. E sono milioni di euro che la costruzione di un impianto gigantesco come questo butterebbero nel cestino.

Come fate a dirlo?
Se in passato aveva un senso un impianto così, come volano economico ed occupazionale per i territori, oggi le conoscenze avanzate che abbiamo dei sistemi fluviali ci portano a poter calcolare esattamente il danno. E in questo caso è un danno enorme, inaccettabile. Lo dice il documento del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, formato da esperti e tecnici del settore: un metro cubo di acqua che trattengo con un bacino artificiale mi costa fra i 5 ed i 6 euro; un metro cubo di acqua salvata con la tecnica dell’infiltrazione in falda, costa 1,5-2 euro a metro cubo. Ma soprattutto porta infiniti vantaggi. Ad esempio l’acqua di falda è pluriuso: fornisce acqua potabile, per l’irrigazione, per ogni necessità. La falda è l’unico sistema di stoccaggio sostenibile che la Natura ha inventato.

I bacini non sono la soluzione alla mancanza d’acqua? Come dice lo studio, nel dibattito pubblico attualmente sembra che esista un’unica possibilità: costruire nuovi invasi artificiali. Il CIRF è totalmente contrario a nuove dighe lungo i corsi d’acqua naturali. Non devono infatti diventare ulteriore causa diffusa di consumo di suolo e di alterazione delle portate dei corpi idrici, come sta accadendo con gli invasi per l’innevamento artificiale, altro esempio di approccio insostenibile nell’uso dell’acqua nel contesto del cambiamento climatico. In ogni caso non si possono proporre nuove dighe senza considerare il loro fortissimo impatto sui sistemi idrografici; attualmente gli sbarramenti sono il fattore di pressione più significativo in almeno il 30% dei corpi idrici europei; e causa del mancato raggiungimento del buono stato ecologico in almeno il 20% dei corpi idrici europei. Più nello specifico le dighe (insieme alle escavazioni in alveo) hanno determinato un cronico deficit di sedimenti su estese porzioni del reticolo idrografico italiano, con incisione degli alvei ed erosione costiera. Che poi ci costa in interventi emergenziali.

Anche costruire un grande bacino, alla lunga, dà problemi di laminazione.
Come riporta lo studio, all’accumulo negli invasi si collegano poi altri problemi significativi che non vengono mai messi sul tavolo della discussione, non vengono tenuti in conto: gli invasi perdono molta acqua per evaporazione, come media italiana, ad essere molto cautelativi, non meno di 10.000 mc/anno per ogni ettaro.

In più, la diga porta ad altri problemi, giusto?
Su tutti, i problemi di stabilità geologica dei versanti, che a quanto pare avevano già fatto accantonare questo progetto negli anni Cinquanta e poi anche negli anni Ottanta, con gli studi realizzati da privati. Tutte le due sponde del futuro bacino sono «zona rossa» per la Carta geologica della Provincia di Trento. Lì non si può toccare niente, non abbiamo parole! E soprattutto siamo stupiti che ci abbiano speso dei soldi pubblici, del Pnrr, un milione di euro già stanziati per la progettazione esecutiva. Una follia.

Perché allora questo progetto della Regione Veneto va avanti?
Secondo noi serve a distrarre dai problemi veri. Perché altrimenti non si capisce la ratio, se non quella del puro profitto. Un colpo di coda di questa «smania ingegneristica» che va contro la natura, ma è un modo di darci la zappa sui piedi, lo hanno capito tutti.

Quali sono i pericoli per l’ambiente, se si costruisse questa diga sul Vanoi?
Come ho detto, lo stravolgimento dell’ecosistema fluviale tutto: in Trentino la Natura ci ha messo decenni per riadattarsi, dopo la costruzione delle dighe artificiali.

Nel Vanoi sono preoccupati anche i pescatori. Lì, nella Val Cortella, ci sono le trote marmorate.
Ecco: questo sarebbe già un motivo sufficiente per dire: fermiamo tutto e non parliamone più. La marmorata è una specie protetta, in quanto a rischio di estinzione. In altri luoghi, se c’è di mezzo la sopravvivenza di una specie protetta, fermano tutto, li bloccano. E qui noi invece ce ne sbattiamo. Ma sappiate che la trota marmorata è un endemismo unico al mondo; una volta perso, è perso per sempre, e non ci sarà mai più. Una perdita inestimabile.













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