Tempi feroci e accoglienza le storie di migranti a Mori 

La serata con Vincenzo Passerini. Testimonianze e l’impegno dei volontari ma anche la fatica dell’amministrazione nel far accettare ai suoi cittadini questi nuovi vicini di casa


MATTEO CASSOL


Mori. “Tempi feroci”, ma tra vittime e carnefici si trova sempre qualche buon samaritano: è questo uno dei messaggi del libro di Vincenzo Passerini presentato al teatro dell’oratorio di Mori nell’ambito di una partecipata serata sul tema dell’immigrazione condotta dal direttore del Trentino Paolo Mantovan. Tra questi samaritani, è emerso, ci sono anche vari moriani e grestani: quello del territorio amministrato dalla Giunta Barozzi è stato presentato infatti come un esempio di accoglienza virtuosa dei migranti, soprattutto grazie all’attivazione del Caam, Coordinamento Attività Accoglienza Mori. Tra le storie simbolo, quella del ventunenne Samba Kebbeh e di una delle sue “mamme” adottive locali Manuela Ciaghi, presenti sul palco assieme a Mantovan, Passerini e all’assessore alle politiche di aiuto sociale Roberto Caliari.

La storia di Samba Kebbeh

Partito dal Gambia a 14 anni dopo la morte del padre, Samba è passato dal Senegal, dal Mali e dal Niger, lavorando di volta in volta per qualche mese per procurarsi il denaro, arrivando poi in Libia, dopo essersi salvato da un assalto a un bus dove sono morte 35 persone su 50. Dopo aver pagato per salire su un barcone, è stato portato in un centro di detenzione libico per 11 mesi, dove le persone in attesa di imbarcarsi potevano lavarsi una volta la settimana, prima di una nuova richiesta di denaro. Quando lo ha sentito al telefono, la madre, che lo credeva morto (avevano già fatto il funerale) ha venduto la casa (per circa 1.800 euro) per pagare il “riscatto” e permettergli così di salire sul barcone che, intercettato da una ong, lo ha fatto arrivare in Italia. Poi, via Crotone e Trento, l’arrivo a Valle San Felice, dove ha conosciuto tra gli altri volontari Manuela, alla quale ha chiesto di andare in Gambia per presenziare a nome suo al matrimonio della sorella. Adesso fa il pane a Ronzo e sogna il posto fisso in Italia. Sia il presente che il futuro rimangono però incerti: dopo il cambio di rotta della Provincia l’alloggio a San Felice non è più a disposizione (Samba ora è ospite di una signora di Ronzo) e, non avendo lo status di rifugiato, anche la sua permanenza nel nostro Paese è a rischio.

L’accoglienza diffusa

Caliari ha parlato dei malumori dopo l’adesione di Mori al progetto di accoglienza diffusa: «A Mori abbiamo messo a disposizione tre minialloggi. Una signora si era agitata dopo aver saputo che di fronte a lei sarebbero arrivati dei “negri”. Abbiamo fatto una serata per presentare la cosa e, complice il fatto che in quel caso si trattava di una coppia, pochi giorni dopo la signora ha accompagnato i migranti al mercato. Peggio a San Felice, dove a fine 2016 ai 270 abitanti abbiamo annunciato l’arrivo di 5 migranti: la reazione è stata feroce. Poi anche lì, conoscendo le persone, i più hanno accettato». Da allora da Valle San Felice, ha spiegato Manuela Ciaghi, sono passati 18 migranti. Il sindaco Stefano Barozzi ha lasciato trasparire però amarezza: «A Mori è stato fatto un grande lavoro di integrazione, ma non siamo riusciti a diffonderlo nel tessuto sociale della comunità. Gli slogan come “prima i trentini” liquidano le fatiche, ma abbiamo tenuto duro e siamo andati avanti, convinti che il futuro ci darà ragione».













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