Moriano cerca l’ Everest salendo da Torbole a Nago 

Marco Maraner ho ripetuto la salita per 64 volte consecutivamente in 14 ore coprendo 8.963 metri di dislivello: 115 metri più del monte più alto del mondo


di Matteo Cassol


MORI. Rifare una salita decine di volte consecutive, fino a superare gli 8.848 metri di dislivello positivo, ossia fino a scalare virtualmente l’Everest, documentando il tutto con un gps per guadagnarsi l’accesso nell’albo d’oro: è l’Everesting, una sfida tipicamente anglosassone che però sta cominciando ad attecchire pure dalle nostre parti. Tra chi l’ha portata a termine – non una, ma due volte – c’è il moriano Marco Maraner, 39 anni (compiuti ieri), professione ingegnere civile, passione cicloamatore (tesserato per cicli Giuliani Arco, ma a suo dire “non forte” e sempre “molto –esimo” nelle gran fondo). Dopo aver percorso per nove volte l’anno scorso l’ascesa del Monte Velo (9.540 metri di dislivello e 236 chilometri in 18 ore), l’altro giorno Maraner si è misurato con la vecchia Nago, sciroppandosi per ben 64 volte la salita Torbole-Nago (dislivello 8.963 metri, distanza 207 chilometri), frutto di 14 ore di pedalate.

«Non vado in bici per il risultato – racconta il cicloamatore di Mori, sposato, con due figli – ma per divertirmi e andare in posti nuovi. Appena posso, grazie anche alla moglie che me lo permette, sono in bici (in pausa pranzo e un bel giro nel weekend, cercando stradine alternative). Dell’Everesting avevo letto lo scorso anno e mi intrigava l’idea della quota dell’Everest, e di essere il primo a farlo su una determinata salita. Il “brutto” è che non hai mai spazio per rifiatare (la più dura delle gran fondo delle Alpi, l’Ötztaler, fa 5.500 metri di dislivello in 240 chilometri, mentre io ne ho fatti novemila in 210 chilometri scarsi, anche se nel mondo delle ultracycling e delle randonnée c’è gente che pedala praticamente senza dormire, per giorni e giorni, facendo più di mille chilometri). Per me la salita del mio primo Everesting non poteva che essere il Velo (a mio avviso la salita più bella che abbiamo in zona). Così l’anno scorso ci ho provato e ci sono riuscito: le ultime 2-3 risalite non passavano più ma con pazienza ho concluso. Quest’anno ho pensato di farne un altro, però un po’ diverso, con molte più ripetizioni (l’Everesting “più corto” ne ha circa 400) e così ho pensato alla Nago vecchia, anche se vedi sempre davanti questo “drittone” che psicologicamente ti distrugge. Sono partito da Nago alle 4.15 e ho iniziato a far su e giù. Dal trentesimo giro in poi ho iniziato a fare une discreta fatica (anche perché dalle 11 al tramonto lì non c’è praticamente ombra) e al massimo ogni cinque giri mi fermavo per rifiatare e far passare i crampi. Gli ultimi giri sono stati molto tosti, ma ormai non potevo mollare, così pedalando più con la testa che con le gambe e con il tifo di parenti e di un amico (che mi ha anche fatto compagnia in bici per qualche risalita) in 17 ore e 27 (14 ore pedalate) ho chiuso la 64esima salita. Una cosa che odierò per tutta la vita sono i dossi rallentatori: sulla Nago ce ne sono due – conclude Maraner – quindi ne ho fatti 128 in salita e 128 in discesa».

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