«L’azzardo non è gioco, ma schiavitù» 

Mercoledì l’incontro alla Sala degli Specchi. Lo psicologo Gradassi: conseguenze sociali molto pesanti



ROVERETO . Il gioco d’azzardo si può ritenere davvero un gioco? Secondo Marco Gradassi, psicoterapeuta e dirigente dell'Unità operativa di psicologia a Trento e specialista in psicoterapia cognitivo-comportamentali, il termine andrebbe cambiato: «il gioco sano, quello che noi tutti conosciamo, non ha delle ricadute sulla vita reale, come invece avviene per il gioco d’azzardo. L’esperienza del giocare, dall’infanzia in poi, è confinata in una dimensione ludica che non incontra la realtà”. Invitato dall’associazione culturale Conventus, Gradassi affronterà un tema diventato tristemente noto “Il fenomeno delle dipendenze nell’era di internet: il gioco d’azzardo”. L’appuntamento è per mercoledì alle 18, alla Sala degli Specchi di Palazzo Rosmini. «Giocare è fondamentale per il bambino, è parte delle sua evoluzione e giocare rimane importante per tutta la vita dell’essere umano. Il gioco è finzione, nel gioco possiamo vivere l’esperienza e le emozioni desiderate senza le difficoltà del mondo reale». Nel gioco posso morire, essere un super eroe, sono chi voglio e quando ho finito di giocare tutto torna come prima. «Nel gioco sano, la finzione e la realtà, sono dimensioni separate che non si incontrano. Nel gioco d’azzardo, che non chiamerei gioco, le conseguenze delle mie azioni hanno ripercussioni pesanti sulla realtà, dal punto di vista umano, sociale ed economico». Un aspetto interessante del gioco sano è che «sviluppa nell’individuo la capacità di inibire i comportamenti impulsivi e favorisce i rapporti sociali». Chi passa ore e ore, solo, davanti alle “macchinette” o spende migliaia di euro in “gratta e vinci” è, invece, dominato dall’impulso di giocare nella convinzione che “la prossima volta sarà quella buona”. Si può forse dedurre che il giocatore d’azzardo ha giocato poco da bambino? Qual è la situazione in provincia per quanto riguarda il disturbo da gioco d’azzardo? Ne abbiamo parlato con Roberta Ferrucci, responsabile facente funzioni del SerD dell’Azienda sanitaria provinciale. “I nuovi pazienti che si sono rivolti ai nostri servizi nel 2018 sono stati circa 80, mentre i pazienti già in carico dall’anno precedente sono stati circa 110. Il disturbo da gioco d’azzardo interessa con netta prevalenza gli uomini, di età compresa tra i 40 ed i 50 anni. Il livello socio-culturale sembrerebbe trasversale”. Si gioca offline – lotto, superenalotto,… - ma è in crescita anche il gioco comodamente seduti a casa, davanti al proprio pc. «Offline si gioca prevalentemente alle slot machine, mentre il gioco online, che in gran parte ci sfugge, è un fenomeno molto diffuso soprattutto tra i giovani. Anche questa patologia è diventata “ endemica “ con un risvolto sociale ed economico che può essere pesante, incidendo sui legami familiari, portando a indebitamenti ed a fenomeni come l'usura». (a.g.)















Scuola & Ricerca

In primo piano