Turismo invernale, senza sci il Trentino si scopre disarmato 

Il caso della settimana. Poche alternative strutturate per i turisti, frutto di scelte politiche che hanno sempre messo al centro gli impianti. Chi ha provato a proporre modelli diversi è stato stoppato. Ma il virus ora ci mette davanti i nostri limiti


Luca Petermaier


Trento. La regola aurea di ogni investimento finanziario è: diversificare il rischio. Guai a puntare tutto su un settore o una singola azione. Potrebbe andarvi bene ma - se va male - vi ritrovereste senza paracadute. Ecco, con le dovute differenze, ciò che il Trentino non ha fatto in questi anni con l’offerta turistica invernale: non ha diversificato abbastanza, scegliendo di puntare (quasi) tutte le proprie fiches sullo sci, attività attorno alla quale ruota gran parte dell’economia invernale della nostra provincia. E ora che il virus ha stravolto tutto ciò che davamo per acquisito, i nodi vengono al pettine. Il Pil trentino è previsto in caduta tra il 10,5% e l’11,2% (dati Banca d’Italia) ben più del -9,5% dell’Italia e anche del -10% dell’Alto Adige che - tra passeggiate sulla neve, piste da slitta, malghe in quota, alberghi di alto livello ed un’enogastronomia forte e riconoscibile - le alternative allo sci le ha. Eccome.

Sci sempre al centro

Va detto che in inverno lo sci non ha rivali. È la principale attrazione turistica non solo in Trentino ma su tutte le alpi. Un modello “sci-centrico” che al momento non ha alternative anche perché funziona. In Trentino la stagione sciistica 2017-2018 è stata la migliore di sempre e quella 2018-2019 è andata di poco sotto, con 7 milioni di pernottamenti (il 46% stranieri). Il trend, invero, è positivo da anni, ma (per tornare all’economia) è proprio quando le risorse ci sono che se ne possono accantonare per i tempi difficili. Fuor di metafora: in questi anni di vacche grasse, il Trentino avrebbe potuto diversificare in modo strutturato (e non a spot) la propria offerta turistica, seguendo per altro un trend di mercato che vede sempre più persone usare gli impianti non per sciare ma per passeggiare in quota (l’anno scorso il 30% in più sul Cermis, ad esempio) e che mostra un crescente interesse per l’outdoor sulla neve diverso dallo sci: dalle ciaspole allo scialpinismo, dalle fat bike alle slittate.

L’esperimento fallito

Qualche imprenditore visionario ci aveva anche provato a proporre un’idea di inverno diversa da quella legata agli impianti. Vi ricordate la proposta di Lorenzo Delladio, patron de La Sportiva, per rilanciare il passo Rolle? Via una parte degli impianti, per fare spazio ad una montagna più vocata alla “wilderness” con sentieri di trekking, arrampicata, passeggiate invernali, scialpinismo, ciaspole. Il tutto accompagnato da una riqualificazione degli alberghi, con offerte di ospitalità e ristorazione di alto livello. Un’oasi (estiva e invernale) che - appunto - poteva diversificare l’offerta turistica trentina sci-centrica. Non se ne è fatto niente.

Aree da riconvertire

Ce lo chiediamo da tempo, ma nel primo inverno degli ultimi decenni che forse ci apprestiamo a vivere senza sci, la domanda ritorna con ancora più forza: hanno senso così tante stazioni sciistiche in Trentino? Stazioni a quote ormai basse, piene di debiti, che non riempiono gli alberghi del territorio e necessitano di costosissimi innevamenti programmati, nonché di continue immissioni di denaro pubblico. È possibile immaginare per queste località nuove forme di offerta turistica, non legate per forza alla neve o comunque allo sci? Un turismo innovativo, alternativo, che diversifica l’offerta, che sappia attrarre sulla neve a prescindere dalla presenza di impianti? Certo, un percorso così non lo si realizza da una stagione all’altra. Ci vuole visione, coraggio e programmazione. Doti sempre più rare nella politica di questi tempi.

Una rete di passeggiate

Lo sci è tanto. Ma non è tutto. Lo dimostra l’Alto Adige che ha un turismo florido anche in due valli - la Val Ridanna e la Val Casies - dove non ci sono impianti ma abbondano splendide passeggiate, malghe in quota e un’accoglienza che spazia dagli alberghi di lusso agli agriturismi famigliari.

Passeggiate in luoghi incantevoli, malghe tipiche e alberghi di qualità esistono anche da noi. Perché, allora, non immaginare un programma triennale di riqualificazione invernale di alcuni sentieri e passeggiate di montagna (che in parte già esistono) con ristrutturazione e sostegno delle malghe di passaggio che possano proporre un’offerta enogastronomica tipica e di qualità? Un carosello strutturato di sentieri battuti, con cartelli ad hoc (certo richiederebbe manutenzione, ma meno di una pista da sci) e che potrebbe essere proposta sul mercato come prodotto a sé stante, un marchio di fabbrica del Trentino da presentare insieme allo sci. Pensiamoci.















Scuola & Ricerca

In primo piano