Trento-Padova, fumata nera su Medicina 

Facoltà contesa. Posizioni distanti. Collini: «I veneti vogliono restare capofila per 15 anni, le maggiori risorse e scegliere quasi tutti i docenti La Provincia teme che noi non abbiamo le capacità». Fugatti replica: «Nessuna sfiducia verso il nostro ateneo. Si trovi un punto di equilibrio»


Ubaldo Cordellini


Trento. Fumata grigia, anzi tendente al nero a giudicare dalla faccia del rettore Paolo Collini, all’incontro tra l’Università di Padova e quella di Trento per la futura scuola di medicina. Dopo quasi due ore di discussione, le posizioni sono rimaste molto distanti, anche se ancora non si può parlare di rottura definitiva. Da un lato i veneti hanno aperto a una collaborazione con Trento, ma hanno ribadito che vogliono restare a capo del progetto per un tempo che lo stesso Collini ha definito come «molto lungo, sui 15 anni», il che vuol dire soldi e potere di scegliere e assumere i quasi tutti i docenti. Dall’altro lato Trento resta sulle sue posizioni spiegando di poter avviare un progetto in proprio avvalendosi della collaborazione dell’Università di Verona che, parole sempre di Collini «non avrà gli 800 anni di esperienza di Padova, ma ne ha cinquanta che sono sufficienti». All’appuntamento, fissato per le 15 in piazza Dante, spiccava l’assenza dei vertici politici della Provincia, ma il presidente Maurizio Fugatti e l’assessore Mirko Bisesti hanno incontrato i rappresentanti di Padova mezz’ora prima in separata sede. Al vertice con Trento, poi, hanno partecipato solo dirigenti: il direttore generale Paolo Nicoletti, il dirigente del Dipartimento Salute Giancarlo Ruscitti e il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon. L’Università era rappresentata dal rettore Collini, dal direttoe Alex Pellacani, dal prorettore vicario Flavio Deflorian e dalla prorettrice alla didattica Paola Iamicelli, mentre per Padova c’erano il prorettore vicario Giancarlo Dalla Fontana, la prorettrice alla didattica Daniela Mapelli e il direttore generale Alberto Scuttari. Collini subito dopo l’incontro non nasconde la delusione per l’atteggiamento della Provincia e usa anche parole dure nei confronti di Padova: «C’è condivisione sull’obiettivo di arrivare alla nascita di una scuola medica trentina. Però, Padova vuol assumere questo impegno solo se ha prospettive superiori a dieci anni. Ovviamente i docenti in questo caso saranno assunti per la maggior parte da Padova, mentre a Trento lascerebbero 4 o 5 posizioni su 18. Noi abbiamo l’esigenza, a fronte delle risorse che ci vengono richieste, che ci sia un ritorno per il nostro ateneo e per il Trentino in tempi più brevi. Nei prossimi giorni ci sarà un incontro con la Provincia per mediare, anche perché entro il 22 va presentata la richiesta di accreditamento al Ministero. Devo dire che oggi speravo si potesse trovare un progetto comune con Padova, ma ora mi sembra abbastanza difficile. Percepisco da parte della Provincia il timore che abbiamo l’esperienza e la capacità di un grande ateneo con 550 docenti e 800 anni di storia. Ciò che rende le cose difficili è che Padova non dice mi arrangio, anzi ha bisogno di noi, ma non si comporta di conseguenza. Quindi c'è la tentazione di dire che si arrangino». Il presidente Fugatti, però, è convinto che un accordo si possa trovare: «Ho incontrato prima l’Università di Padova per verificare se da parte loro ci fosse la disponibilità a collaborare con Trento e mi pare ci sia. Da parte nostra non c’è nessuna sfiducia nei confronti di Trento, anzi riconosciamo le sue capacità indubbie. Quello che vogliamo è che arrivi il prima possibile all’obiettivo di avere medici specializzati in Trentino. Quindi che si possa partire già a ottobre con il primo anno da un lato e con il quinto dall’altro e con le specializzazioni, in modo di arrivare al più presto a formare medici pronti, anche con la regìa di Trento. Per questo auspico che nei prossimi giorni si possa trovare un punto di equilibrio, come devono fare i rappresentanti delle istituzioni. Noi vogliamo che l’autonomia e le prerogative della nostra università siano rispettate, ma allo stesso tempo vogliamo arrivare al più presto al risultato di avere più medici da impiegare sul nostro territorio che ne ha bisogno»













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