la crisi

Trentino, 60 mila lavoratori in difficoltà

I dati sulla fragilità della società: crescono gli utenti dei centri per l’impiego e dei servizi psichiatrici. E i giovani fuggono



TRENTO. A Trento 60.289 lavoratori, ovvero un quarto della forza lavoro è in condizione di difficoltà (cassaintegrati e iscritti ai Centri per l’impiego). Gli utenti dei servizi psichiatrici sono in forte aumento: erano 6037 nel 2003 e sono diventati 8094 nel 2013, così come le sofferenze bancarie, che per le famiglie, dal 2008 ad oggi sono passate dal 2,3 al 7,3%. Dall’81 al 2013 c’è stato un forte turn over della popolazione (immigrati più emigrati), con conseguente accrescimento della difficoltà a costruire rete e di “scoesione sociale”.

Questi i dati, non proprio confortanti, che il dottor Gino Mazzoli, per la Fondazione Franco de Marchi, ha illustrato ieri pomeriggio alla Quarta Commissione permanente del Consiglio provinciale, presieduta da Giuseppe Detomas, con riferimento alla mozione 124, approvata dal Consiglio il 10 maggio scorso, relativa all’affidamento all’organismo consiliare di un’indagine conoscitiva sul tema della vulnerabilità sociale in Trentino. «La finalità dell’indagine di cui questo di oggi (ieri) è il primo step - ha spiegato Detomas - è quella di accertare la situazione reale, individuando possibili azioni innovative d’intervento e “studiando una pista di lavoro».

Mazzoli ha illustrato una serie di slides dalle quali emerge che in Italia i “quasi” poveri che fino al 1995 erano il 5% sono oggi il 30%. Chi sono questi poveri? Si tratta perlopiù di persone che sono indotte da una cultura diffusa a vivere al di sopra delle proprie possibilità, ad indebitarsi e di conseguenza ad impoverirsi. Le persone di questo “ceto medio impoverito” si vergognano a chiedere aiuto perché non sono più all’altezza dello standard performante che la società richiede loro. Altri dati illustrati evidenziano questa spinta alla “scoesione sociale”. Come quello relativo ai trentini emigrati all’estero: nel lasso di tempo 2007-2013 si stima siano stati 13 mila. Mazzoli ha parlato poi di un «terremoto demografico sottotraccia» in riferimento ai dati sulle famiglie: nel 1971 quelle formate da un componente erano 19.993 e nel 2011 sono cresciute del 280% diventando 75 mila. Al contrario quelle formate da 6 o più componenti erano 22.660 nel 1971 e sono oggi 2.622, con un crollo dell’88%.

«Nella sostanza - ha spiegato Mazzoli - abbiamo meno soldi, più problemi e meno reti. Occorre intercettare le nuove vulnerabilità diffuse (povertà silenti e non visibili), coinvolgendo nuovi attori e generando nuove risorse. Tutto questo, presuppone la costruzione di una fiducia reciproca che non avviene per magia e non è semplificabile: non esiste una app, anche se può essere favorita e facilitata dalle app».













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