Tecniche all’avanguardia per la cura dei tumori

Il dottor Conti, responsabile di neurochirurgia, esegue interventi non invasivi «Fondamentale la collaborazione tra professionisti: i reparti sono superati»


di Annalisa Gerola


ROVERETO. Dall’Etiopia a Rovereto: migliaia di chilometri per una giovane donna con un tumore che le compromette la vista per arrivare all’ospedale Santa Maria del Carmine. Il dottor Michele Conti, responsabile della funzione di neurochirurgia, la opererà con una tecnica importata dagli Stati Uniti. Il tumore, non rimovibile con la chirurgia tradizionale, verrà asportato attraverso il naso. Neurochirurgia e otorinolaringoiatria insieme, collaborazione tra specialisti che deve essere, secondo il dottor Conti, il futuro della sanità.

«Ho lavorato nel dipartimento di neurochirurgia dell’Università di Pittsburgh, che è stato il primo a realizzare con gli otorini un intervento sui tumori della base cranica passando attraverso il naso. La tecnica non è invasiva, perché è una via naturale, e il paziente dopo due giorni è a casa», ha detto. Questo intervento, in Italia, viene fatto sono in altri due centri. «La prima paziente operata da me con questa tecnica è stata una ragazza, circa un anno fa. Il tumore, comprimendo le vie ottiche, l’aveva già resa cieca da un occhio e parzialmente anche dall’altro. La paziente ha recuperato immediatamente la vista».

Un intervento dove la collaborazione tra professionisti è fondamentale. «La filosofia che sta prendendo piede nei paesi anglosassoni e particolarmente negli Stati Uniti è quella di superare il modello dei reparti per arrivare ai dipartimenti: strutture molto ampie dove ci sono specialisti diversi che, nel rispetto della professionalità e competenza di ciascuno, collaborano. Questo modo di lavorare è promosso in tutto il mondo, ma non è facile da realizzare, perché implica un cambiamento culturale».

A Rovereto questo è già realtà, almeno per neurochirurgia e ortopedia. «Come neurochirurgo lavorando sul cervello, sul midollo spinale, quindi colonna vertebrale, sui nervi,la collaborazione viene spontanea, in primis, con l’ortopedia, ma lo stesso ragionamento vale per otorino e oculistica per i tumori della base cranica e dell’orbita dove c’è bisogno di entrambe le professionalità».

Collaborazione tra specialisti e non solo. «Per lo stesso ragionamento è importante che il clinico e il ricercatore colloquino – ha proseguito Conti. Io ho bisogno dei ricercatori, perché conoscono bene la biochimica e la biologia, ma loro hanno bisogno di me che ho visto e operato migliaia di volte il midollo spinale».

In questo momento anche Rovereto è coinvolta in un progetto che è mondiale e riguarda lo studio delle cellule staminali per ricreare il midollo spinale. «Collaboro con il centro di bioingegneria dell’università dell’Arkansas e biotecnologie dell’università di Trento, in particolare con il professor Quattrone, direttore del CiBio. Sono state realizzate delle impalcature di supporto, che si chiamano nanotubi, dove le cellule staminali riescono ad abitare. Ora la sperimentazione è sugli animali. Dai risultati in laboratorio abbiamo già ricrescite neuronali corrette». Questo fa ben sperare. «La rigenerazione del midollo spinale traumatizzato è il primo passo. Il passo successivo saranno tutte le patologie degenerative del sistema nervoso, sclerosi multipla, il Parkinson, l’Alzheimer».

Un traguardo importante, che potrebbe essere, anche un po’, made in Rovereto.

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