Tav, controanalisi trentina: «Ecco perché conviene» 

L’alta velocità. Il professore di Economia Sandro Trento e la collega Stefania Spaziani  “fanno le pulci” all’analisi costi-benefici del governo: «Con l’opera benefici per 687 milioni»


Luca Petermaier


trento. La Tav (la linea ad alta velocità Torino-Lione) conviene. Conviene eccome. Ne sono convinti il professor Sandro Trento (docente di Economia dell’ateneo cittadino) e la collega Stefania Spaziani della «Fondazione Ergo» i quali - in base a una controanalisi ragionata condotta “facendo le pulci” al documento sui costi-benefici presentato al governo dal gruppo di lavoro del professor Marco Ponti - sono arrivati a concludere che i benefici dell’opera sarebbero assai più rilevanti dei suoi costi, benchè l’analisi di Ponti stimi, al contrario, costi superiori ai benefici per 6,995 miliardi. Nei giorni scorsi il loro lavoro è stato pubblicato anche da «Il Foglio». Eccone una sintesi.

I costi dell’opera

I costi complessivi - scrivono Trento e Spaziani - ammontano a 12,412 miliardi di euro di cui 7,658 è il valore residuo dell’investimento; 222 milioni è il costo di manutenzione; 1,619 miliardi sono le minori entrate per accise e pedaggi, al netto di 3 miliardi per i minori costi di usura della infrastruttura stradale e 2,913 miliardi è il surplus negativo dei concessionari autostradali. Tali costi vanno confrontati con i benefici pari a 5,417 miliardi di euro: 1,785 miliardi per esternalità; 1 miliardo di minore congestione stradale; 1,37 miliardi di surplus merci; 1,218 miliardi di surplus passeggeri e 44 milioni di surplus degli operatori ferroviari.

La metodologia del gruppo Ponti - sostengono Ponti e Spaziani - è apparentemente corretta. Ma l’analisi presenta tuttavia dei punti di debolezza.

I punti deboli dell’analisi

1) L’analisi adotta una visione europea di valutazione, in cui la collettività è costituita da consumatori e produttori europei, oltre che da tutti gli operatori e gli stati europei. L’analisi tuttavia - scrivono i due studiosi - andrebbe condotta a livello italiano, visto che si sta discutendo della convenienza a effettuare l’investimento per la sola Italia.

2) La visione europea adottata dal prof. Ponti si basa inoltre sull’ipotesi che la catena ferroviaria terrestre in Europa operi in un mercato di concorrenza perfetta, senza quindi che le società ferroviarie abbiano potere di mercato.

3) È corretto considerare il risparmio di tempo dei passeggeri e calcolarne il valore economico. Tuttavia, l’applicazione della regola “metà dell’headway” non è condivisibile. Secondo questa regola i tempi sono dimezzati in quanto statisticamente un passeggero arriva a metà del tempo tra una corsa e l’altra. In realtà, l’effettivo risparmio di tempo dei passeggeri è di 2 ore e 16 minuti (e non di una sola ora). Analogamente è corretto calcolare il valore del tempo risparmiato derivante dall’aumento delle frequenze dei treni, ma se non si applicasse la citata regola il beneficio sarebbe di 4 ore anziché di 2 ore. Con tale ipotesi il beneficio calcolato è sottostimato.

4) L’analisi considera correttamente anche il risparmio di tempo per i passeggeri regionali/metropolitani. Opinabile tuttavia la scelta di stimare il valore di un’ora pari a 10 euro contro i 15 euro di un pendolare, 25 euro di un lavoratore e 20 euro di un turista.

5) Nella metodologia generale è correttamente citata l’incidentalità tra le esternalità da misurare. La nuova linea ferroviaria comporterà un minor uso del trasporto su gomma e quindi una diminuzione degli incidenti stradali. Ma l’incidentalità viene definito nel documento Ponti tra gli aspetti non valutabili, in quanto “i premi assicurativi pagati dagli utenti coprono i danni a terzi e perché i danni propri sembrano difficili da considerare costi propriamente esterni”. La considerazione non è condivisibile. Basti pensare che nella stessa analisi si afferma che “Il costo sociale per ogni decesso evitato viene stimato dalla UE (DG MOVE. 2014) pari a 1,87 milioni (243mila euro quello per un ferito grave)”. Solo per avere un’idea indicativa del fenomeno si pensi che in Piemonte nel 2017 sono stati registrati 15.783 incidenti di cui 8.516 a Torino. Andrebbe dunque valutato l’impatto della riduzione degli incidenti stradali e delle morti evitate.

6) Nel calcolo della riduzione delle emissioni di Co2 per il passaggio da gomma a ferro, sono stati considerati soltanto i veicoli di classe Euro 5 e 6. L’ipotesi non è condivisibile in quanto a oggi il parco circolante italiano è caratterizzato principalmente da veicoli euro 0-1-2-3-4 ad alto impatto inquinante.

7) Accise e pedaggi (Ponti include il minor gettito tra i costi) non vanno considerati tra i costi da stimare perché non si tratta di costi ma di transazioni finanziare che possono diventare trasferimenti. Inoltre, considerare le minori accise tra i costi significa considerare auspicabile un maggiore consumo di carburante per avere maggiori accise. Questo contrasta con la politica ambientale di riduzione dell’inquinamento.

Secondo il Centro studi della Fondazione Ergo, se si escludessero le minori entrate per accise e pedaggi (pari a 4,6 miliardi); se si considerasse tra i benefici anche la minor spesa per manutenzione dell’infrastruttura autostradale visto il suo minor utilizzo (pari a 3 miliardi); se ci si limitasse a considerare tra i costi dell’investimento la sola quota a carico dell’Italia pari al 60 per cento del costo di 7,658 miliardi di euro (escludendo quindi la quota della Francia), il beneficio netto diventerebbe positivo e pari a 687 milioni. Se si considerasse anche il recente finanziamento dell’Unione europea pari a 850 milioni di euro, il beneficio netto arriverebbe a quota 1,537 miliardi.

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