IL REPORTAGE

Sulle tracce del lupo, nella valle dell’attacco

Sopralluogo nel parco di Paneveggio, in un’area disseminata di carcasse. Raccolti indizi di ogni tipo prima di seppellire pecore e agnelli tra le pietre


di Andrea Selva


TRENTO. Dal passo Valles si sale verso le Pale di San Martino per una mezz’ora, dopo forcella Venegia si supera un laghetto e infine si arriva nella valle in cui un lupo, nella notte fra sabato e domenica, ha sbranato un gregge di pecore. La prima macchia bianca sull’erba è immobile e gelida come un sasso dolomitico. Ma non si tratta di una roccia: è un agnellino. Poco distante c’è una chiazza bianca molto più grossa: una pecora adulta. Allora sollevi lo sguardo dal sentiero e ti accorgi che in quella valletta incantevole (soprattutto quando sorge il sole e la foschia si dirada) ci sono una decina di uomini della Forestale di Trento, divisi in gruppi, che contano le carcasse sparse qua e là come massi lasciati dal ghiaccio. A metà mattina ne avranno contate quasi una trentina, ma all’appello dei due pastori, Fabio Zwerger e Alice Masiero, ne manca un’altra decina: quaranta pecore perse nel giro di poche ore, quasi tutti agnellini, perché il lupo (che è intelligente) ama le prede più facili. Anche se è difficile trovare una razionalità in quanto successo, vista la quantità di carne rimasta sui pascoli: molte bestie sono state semplicemente uccise da un morso alla gola e poi lasciate lì, intatte, sull’erba.

Si deve essere scatenato l’inferno lassù, a 2.300 metri di quota, nella notte fra sabato e domenica. Ma non c’era nessuno a sentire i belati del gregge spinto dal lupo verso le rocce. Fabio e Alice dormivano al passo Valles, assieme ai loro cani, dopo un’estate trascorsa in quota. Doveva essere l’ultimo giorno prima della transumanza: «Avevamo deciso di lasciar passare la domenica per non disturbare il traffico dei turisti lungo le strade» racconta Alice.

[[(Video) Sulle tracce del lupo, nella valle in cui ha ucciso 40 pecore in una sola notte]]

Ieri alcune squadre di forestali sono saliti in quota, dopo un primo sopralluogo effettuato domenica, per capire cosa sia successo. Nessuno di loro è autorizzato a parlare con la stampa, nemmeno il veterinario Mario Bianchini, salito di buon mattino da Borgo Valsugana. Ma su chi sia stato sono tutti d’accordo: il lupo. La conferma ufficiale comunque si potrà avere solo nei prossimi giorni, con l’esame del Dna su alcuni campioni di saliva. Ma il tipo di ferite, la distanza misurata dai segni lasciati dai canini è coerente con l’attacco di un lupo. Di più: in val Venegia, poco più sotto, è stato registrato un attacco simile nel mese di giugno e le fototrappole installate dai forestali sono scattate in varie occasioni riprendendo l’inconfondibile sagoma di un lupo. E se qualcuno pensa ancora che su questi versanti dolomitici si aggiri un branco di cani selvatici, come è stato ipotizzato a Ferragosto - quando alcuni turisti hanno gridato “al lupo!” - bisogna chiarire che nessuno ha mai segnalato di aver perso un cane.

L’altra cosa che i forestali non possono dire, ma di cui sono convinti, è che non ci siano pericoli per le persone. Per due motivi almeno: il lupo non attacca l’uomo e comunque all’interno del parco naturale la selvaggina è tanto abbondante che per il lupo ci sono prede molto più comode. E i rischi che corrono i pastori? Questo è un altro discorso, su cui nessuno vuole intervenire.

[[(Video) Il racconto: "La paura all'alba, con le nostre bestie morte"]]

I forestali trentini ieri mattina hanno lavorato per ore, fotografando le carcasse e prendendo nota di ogni particolare, compresa la posizione gps di ogni bestia, contrassegnando la lana di ogni pecora, capra e agnello con un numero, come si farebbe sulla scena di un delitto. Si tratta di informazioni che serviranno per calcolare il risarcimento dei danni previsto dalla legge, ma anche per studiare il comportamento di questo esemplare di lupo (sempre che di questo si tratti) con cui bisognerà imparare a convivere.

Erano circa le 10 quando i forestali - coordinati dal veterinario e aiutati da Fabio Zwerger - hanno cominciato a radurare le carcasse in alcune cavità per ricoprirle infine di pietre: in quella zona non c’è pericolo di inquinamento delle sorgenti e quindi non è stato necessario trasportarle a valle. Del resto, oltre al lupo, altri animali come i corvi e le volpi, avevano già cominciato a fare il loro lavoro.

«Che paura all’alba, lassù con le bestie morte» Fabio e Alice, pastori per scelta nell’era di Facebook: «E’ la nostra vita». Ma l’altra notte hanno riscoperto l’antico terrore dei loro trisavoli: il lupo

Per Fabio e Alice è cominciata quindi la lunga discesa verso la pianura: «Basta montagna per il momento». Scenderanno al mare seguendo le “rotte” dei pastori che - quando è possibile - si tengono ben distanti dalla città: «I pastori, si sa, non sono sempre ben accetti. C’è chi ti offre il caffè e chi ti punta il fucile» racconta Fabio Zwerger, che ha scritto in testa il percorso che seguirà nelle prossime settimane.

Alle le 11 il gruppo dei forestali è sceso a valle, incrociando gli escursionisti di settembre. Chi scrive sui giornali non è abituato a scenari come quello di ieri. Così ho chiesto aiuto a uno degli uomini in divisa: si può scrivere che era una scena impressionante? «Scrivilo pure, che non ti sbagli».













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