il racconto

«Che paura all’alba, lassù con le bestie morte»

Fabio e Alice, pastori per scelta nell’era di Facebook: «E’ la nostra vita». Ma l’altra notte hanno riscoperto l’antico terrore dei loro trisavoli: il lupo



TRENTO. Pastori per scelta, tra i venti e trent’anni, raccontano la loro vita libera e nomade su Facebook, tengono i contatti con gli amici usando Whatsapp ma lassù in montagna riscoprono anche le antiche paure dei loro trisavoli, come la paura del lupo.

Quaranta pecore uccise in una sola notte: leggi la notizia

Gli chiedi: avete avuto paura? E ti risponde Alice Masiero, 29 anni, originaria di Padova ma da anni in giro per le montagne: «Tanta paura, perché Fabio ha fatto il giro della montagna e io sono rimasta lì con il gregge. C’era la nebbia, non si vedeva un metro più in là, ma lo sapevamo che c’era il lupo, con tutte le nostre bestie morte sparse in giro. Ti dicono che non bisogna avere paura, perché i lupi non attaccano l’uomo. E se poi è una femmina con i lupetti? Chi lo sa cosa gira quassù? La Forestale continua a dire che il lupo ha la sua zona, ma quello che è successo per noi è stata una sorpresa. Il lupo non l’abbiamo visto, ma gli accertamenti sui morsi parlano chiaro. Il lupo deve esserci? Non si può far niente? E allora vuol dire che ce lo terremo... Ma l’altra notte è stato un disastro».

Fabio Zwerger di anni ne ha 22, ma la decisione di seguire questa strada l’ha presa tanti anni fa, quando ha visto un pastore passare lungo le vie di Tesero e avrebbe voluto seguirlo subito: «Ma prima di partire sono dovuto andare a scuola, all’istituto professionale agrario. La passione che ti spinge a fare questa vita è quella per gli animali, la montagna non c’entra niente. Anzi, preferisco l’inverno in pianura». Lo dice mentre cerca tra il gregge gli agnelli feriti e le madri degli agnelli morti, che vanno munte prima che parta la mastite.

Non sapevate che c’era il lupo? «Dicevano che c’era, poi che non c’era. Le nostre pecore non erano recintate, ma eravamo pronti per tornare a valle e non le portiamo in montagna per tenerle chiuse».

Per stare assieme - come Fabio e Alice - i sentimenti non bastano, bisogna condividere la stessa passione. Ma a cosa servono i pastori in un’epoca in cui la lana non vale più niente? «Si vendono i capi di bestiame, il guadagno sta lì. Un magro guadagno. Ma i versanti delle nostre montagne non avrebbero lo stesso aspetto senza il pascolo delle greggi» spiega Fabio.

Due giovani pastori che si muovono lungo “rotte” antiche. Qualche anno fa Paolo Rumiz raccontò su Repubblica la storia di questi ragazzi pastori per scelta, che si muovono con il gregge seguendo il corso dei fiumi e attraversando le città all’alba, prima che le strade diventino il regno degli automobilisti. Se lungo la via gli viene qualche dubbio, Fabio va avanti con il fuoristrada, per vedere se alla fine si passa, perché quando il gregge preme basta un cancello perché gli animali si facciano male: «In giro nessuno ci vuole, ma la montagna ormai è troppo affollata. Ora c’è pure il lupo» mormora il pastore.

Vivere all’aria aperta e dormire in un rimorchio non è facile. E se d’inverno arriva l’influenza? «Me la faccio passare» sorride Fabio, mentre Alice versa il caffè in un pentolino con un po’ di latte. Sarà l’aria di montagna, ma è un caffè più buono di quello che c’è a casa.













Scuola & Ricerca

In primo piano