Si è spenta Umberta, aveva sfidato il cancro laureandosi

La sua scelta aveva commosso: in febbraio, a 60 anni, era diventata dottoressa La settimana scorsa il congedo dagli amici. Il marito: un esempio di amore e forza


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «Lei non c’è più e io da oggi sono solo con Michele e Gianluca. Per me è stata una stupenda compagna di vita, per tutti gli altri credo un esempio di coraggio e amore. Sul necrologio ho scritto “dottoressa” perchè si era laureata a febbraio. Ci teneva tantissimo».

Marco Melani ricorda così la moglie Umberta che si è spenta giovedì a 61 anni in una stanzetta delle Cure palliative del San Maurizio dopo aver lottato due anni contro un tumore ed aver tirato avanti grazie alla forza, all’amore di chi le stava attorno ed ai libri che nei momenti più difficili l’hanno distratta e sostenuta. La sua storia aveva commosso tutti. «Ho il cancro - aveva detto Umberta Savazzi a febbraio - e mi hanno dato due mesi di vita ma mi laureo in sociologia a Trento. Studiare mi ha dato una gioia immensa, mi ha completato, aiutato a pensare ad altro ed a sopportare la fatica ed il dolore della malattia. Comunque sia non mi faccio sconfiggere». Bella donna Umberta, 61 anni che non vedi e due figli grandi - Michele e Gianluca - avuti da Marco, compagno di sempre, sposato tre anni fa. E bella anche la sua vita fino al 2010. «Era da alcuni mesi che non mi sentivo bene, che faticavo ad alzare le braccia. Ricordo ancora quando i medici mi hanno detto al telefono cosa avevo. Ero seduta sul divano, mi sono stretta la testa tra le mani ed ho pensato... adesso che faccio?». Già che si fa quando il mondo ti crolla addosso. «Non lo sai cosa farai. Ho pensato ai miei figli, a mio fratello Lorenzo ed all'università. Mi sono aggrappata a questo e posso dire di essere stata felice». Ma perché l'università? «Perché l'azienda dove lavoravo aveva chiuso e mi ero trovata sola a casa con i ragazzi grandi senza sapere come passare le giornate. Non avevo voglia di proporre solo torte e biscottini e volevo avere anch'io qualcosa da raccontare a Marco. Volevo vivere, far andare la testa, farmi sorprendere, farmi incuriosire ed afferrare un sogno che da ragazza non avevo potuto permettermi. E ho detto perché no. Così ho fatto la studentessa a tutto tondo. Treno, abbonamento, mensa, lezioni, esami. Quando arrivavo in stazione a Trento vedevo il fiume di gente di tutte le età che andava di corsa, il cuore mi si riempiva. Che bello pensavo, sentivo la vita in movimento, mai statica, mai ferma, mai bloccata. Con gli esami ho fatto fatica ma li ho fatti tutti e 26». Non ha mai pensato di mollare. «Non si molla un sogno, se lo fai tradisci te stesso. Siccome la chemioterapia e la radioterapia insieme ai farmaci mi abbattevano, andavo a letto e mettevo la sveglia alle 2 quando i medicinali non facevano effetto per riuscire a studiare fino a mattina. E stata durissima ma i libri mi hanno aperto orizzonti nuovi, mi hanno distratto, fatto concentrare su qualcos'altro e dato una disciplina. Se hai un esame da preparare ed una data da rispettare devi saperti organizzare, non puoi permetterti di farti sorprendere dallo sconforto». Cosa le ha insegnato la malattia e cosa lo studio? «La malattia è stata una grande lezione di vita, mi ha in parte cambiato e fatto vedere la realtà da un altro punto di vista. Vivo e basta e oggi posso dire che la vita è bella. Certo, se dalla malattia si guarisce è un'altra cosa. Lo studio è stato fondamentale, una sferzata di vita che ho divorato». La settimana scorsa Umberta è andate ad Anzio, dove si era sposata, per salutare gli amici di una vita. «Lì abbiamo vissuto sicuramente i nostri giorni più felici», ricorda Marco.

Poi è tornata a casa.













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