Rianimazione, letti in «prestito»

Spazi insufficienti: superlavoro per i medici e posti aggiunti provvisoriamente


Jacopo Tomasi


TRENTO. Per far fronte alla carenza di posti nel reparto di rianimazione dell'ospedale Santa Chiara, nei giorni scorsi sono stati aggiunti provvisoriamente quattro letti in più rispetto ai quindici esistenti. Una mossa che fa capire il sovraffollamento di questo periodo, in attesa che venga aperto il nuovo reparto di rianimazione che dovrebbe dare ossigeno con altri dieci letti. Gli spazi limitati del reparto di rianimazione non sono una novità a Trento, ma nell'ultimo periodo la situazione si è aggravata, portando al quasi-collasso di questi giorni.

Per far fronte alle emergenze medici ed infermieri sono stati costretti ad un superlavoro - rinunciando anche ai riposi - e si sono dovuti arrangiare sistemando provvisoriamente quattro letti in più rispetto ai quindici esistenti al Santa Chiara. Le operazioni d'emergenza sono state effettuate regolarmente, ma a risentirne sono stati quei pazienti che avevano operazioni programmate e ritenute meno gravi. Un paziente che doveva essere operato per un tumore all'esofago l'operazione è stata rinviata per quattro giorni di fila a causa del sovraffollamento della rianimazione. Stessa sorte per un'altra persona ricoverata in cardiochirurgia.

In questa situazione anche gli otto letti della rianimazione dell'ospedale di Rovereto non bastano più come valvola di sfogo. Gli spazi della nuova rianimazione servono come l'aria. L'assessore Ugo Rossi ha assicurato (come potete leggere nel pezzo a lato) che entro i primi di marzo tutto sarà pronto, ma per qualcuno questi dieci letti in più non potrebbero bastare comunque.

A regime in Trentino ci sarebbero 33 posti letto (25 a Trento più 8 a Rovereto), ancora pochi rispetto ai 44 della vicina provincia di Bolzano e sotto le medie nazionali e gli standard europei. La situazione, dunque, è delicata. Qualcuno (come l'ex assessore alla sanità Mario Magnani) invoca un reparto di rianimazione anche all'ospedale di Cles, il terzo più grande del Trentino. La Provincia, però, non prende in considerazione quest'ipotesi e punta sulla nuova rianimazione di Trento per alleggerire il reparto ed arrivare senza troppi affanni al trasferimento nel Not, che dovrebbe essere pronto nel 2018, dove gli spazi dedicati alla rianimazione triplicheranno rispetto ad ora.

Ma come mai si è arrivati a questa situazione di collasso? Secondo i medici le motivazioni vanno cercate indietro nel tempo. Il reparto di neurochirurgua è nato senza aumentare i letti in rianimazione. Nel contempo (con l'arrivo di primari come Brolese e Tirone dopo l'addio di Eccher) sono aumentate le operazioni, anche importanti e complesse, che fino a qualche anno fa venivano trasferite fuori provincia. Infine, vengono operati pazienti sempre più anziani che necessitano un supporto post-operatorio significativo. La situazione, comunque, non è complessa solo nel reparto di rianimazione.

A soffrire, in questo periodo, è anche ortopedia. Come testimonia la storia della turista svedese col femore rotto che è stata rimbalazata da un ospedale all'altra (Cavalese-Trento-Cles) per mancanza di posti. Al Santa Chiara i posti letto ad ortopedia sono 50 più 5 day hospital, più o meno quelli che c'erano a Villa Igea. Il problema è che sta diventando sempre più complicato trasferire i degenti nelle strutture per la riabilitazione (come Villa Rosa a Pergine) e questo allunga le degenze.

Per questo è possibile che i pazienti vengano "dirottati" sugli atri ospedali della provincia, da Rovereto a Cles, anche se questa prassi non piace né ai malati né ai medici, come fa intendere il primario di ortopedia, Ettore Demattè. «Abbiamo bisogno di spazi ulteriori - spiega - perché ciclicamente, nei periodi più turistici, siamo pieni». Da non sottovalutare anche un altro aspetto: i traumi sono sempre più articolati, soprattutto quelli causati da incidenti sugli sci, e questo rende più complesso l'intervento dei sanitari.













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