la storia

«Redo», dai teloni la borsa social-chic che è già un successo

Nata due anni fa da un’idea della Cooperativa Alpi: 100% riciclo, nel 2016 la sartoria ne ha sfornate oltre 4 mila


di Chiara Bert


TRENTO. Alzi la mano la donna che almeno una volta nella vita non ha desiderato di avere nell'armadio una Freitag, magari anche senza conoscerne il nome. Era il '93 quando due fratelli svizzeri ebbero la geniale idea di usare i teloni dei camion per ricavarne delle borse totalmente riciclate. Quell'idea è diventata un marchio di fama mondiale.

Ma oggi, donne trentine, potete dimenticarvi le Freitag (e i loro prezzi). L'alternativa si chiama "Redo", è tutta made in Trentino ed è già un successo: una borsa eco-social-chic che ha una storia tutta da raccontare. Una storia che nasce alla Cooperativa Alpi di Trento, che si occupa di avviamento al lavoro di persone in situazione di svantaggio. Nel 1990, anno di nascita, esiste già un laboratorio interno di cucito che sforna pagliette per le pentole per la Zobele. Il laboratorio prosegue, con alti e bassi, producendo borse di cotone, grembiuli, sedute per parapendio, ma sempre per aziende esterne. Fino a quanto, qualche anno fa, in cooperativa arriva il momento di decidere: chiudere o ripensare la sartoria? Si opta per la seconda strada, il laboratorio si è rivelato un’attività particolarmente adatta per percorsi professionalizzanti per gli utenti. Martino Orler, che oggi siede nel cda, allora era arrivato da poco: nell’officina meccanica della sua famiglia buttavano via gli striscioni pubblicitari delle compagnie petrolifere, lui decide di portarli in cooperativa. In via Ragazzi del 99 passano (un po’ per caso, un po’ no) figure disparate, designer, architetti, modellisti, che si incrociano con chi già lavora alla Alpi, come Grazia, la responsabile dell’area sociale. «Stavamo ospitando gli studenti dell’Alta formazione dell’Istituto Artigianelli - racconta Martino - ne è nata una contaminazione». Nella primavera 2014 nasce il marchio «Redo». L’arte del recupero dei materiali si intreccia con il recupero lavorativo delle persone: teloni pubblicitari, ausili sanitari, viti, bulloni, ruote, sedute, cinghie per sandali, tessuti per divani, tutto rientra in una produzione sostenibile. E si trasforma in borse di mille fogge e colori, un mix di creatività e cura artigianale: ciascuna un pezzo unico. Da inizio anno a fine agosto ne sono uscite più di 4 mila: tracolle, shopper, bauletti, borsoni per la spiaggia e la palestra. Per il Filmfestival della montagna la cooperativa ne ha sfornate 500. Ci sono state collezioni dedicate: il Muse e il Castello del Buonconsiglio forniscono i loro banner pubblicitari, e contribuiscono così ad alimentare un’economia circolare che recuperando ciò che è destinato a rifiuto, crea lavoro. Il successo è cresciuto con il passaparola, come avviene per i bei film e i bei libri: molte donne hanno conosciuto le borse a Details, il negozio in fondo a via Suffragio che vende prodotti di design: l’ultima collezione, un’edizione di shopper e pochette illustrate da Lorenza Poli a china e acquerello, a settembre è andata esaurita in un pomeriggio. I negozi che vendono le Redo sono ormai una dozzina: oltre a Details, il bookshop del Buonconsiglio, e poi Rovereto, Primiero, Bressanone, Verona, Malcesine, Tione e a breve Trieste. Il laboratorio, che all’inizio impiegava due o tre persone, oggi ne occupa 8-9, intercettando una trasversalità di bisogni: studenti dei percorsi scuola-lavoro, tirocinanti, una sarta. La cooperativa ha anche una convenzione con l’Azienda sanitaria: vecchie sedie a rotelle, poltrone, comode che venivano buttate via, vengono rivestite con teloni e diventano arredi di design. In due anni ne sono state vendute 250. Creatività e lavoro premiati. Perché gli oggetti belli piacciono, e se dietro c’è anche una bella storia piacciono ancora di più.

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